Ricoverato in Psichiatria, Bruno muore a 45 anni per un arresto cardiaco. L'avvocato: «Rottura del setto nasale, lividi al volto e frattura dello zigomo»

Giovedì 21 Settembre 2023 di Roberta Brunetti Lorenzo Mayer
Ricoverato in Psichiatria, Bruno muore a 45 anni per un arresto cardiaco. Il giallo: «Rottura del setto nasale, lividi al volto e frattura dello zigomo»

PELLESTRINA - Entrato nel reparto di psichiatria dell'ospedale Civile di Venezia, nella notte tra sabato e domenica, è morto martedì, in terapia intensiva, dopo un arresto cardiaco da cui non si è più ripreso.

Ora sulla morte di Bruno Modenese, 45 anni, di Pellestrina, è stata aperta un'inchiesta. L'hanno sollecitata i genitori dell'uomo che, assistiti dagli avvocati Renato Alberini e Augusto Palese, hanno depositato un esposto in Procura in cui chiedono sia fatta chiarezza sulle ultime ore del figlio. In particolare sulle sue condizioni, dopo il ricovero. «Presentava una ingiustificata rottura del setto nasale, visibili segni di ecchimosi al volto, la frattura dello zigomo sinistro - scrivono gli avvocati - con la presenza, a seguito di Tac e Agiotac, di emorragia cerebrale». Il fascicolo è sul tavolo del sostituto procuratore di turno, Daniela Moroni, che nelle prossime ore disporrà l'autopsia. Intanto l'Ulss 3 ha costituito una propria «commissione interna» e «collaborerà a tutte le verifiche in corso - precisa, in una nota, l'azienda sanitaria - perché si possano accertare le cause del decesso».

DAL RICOVERO ALLA MORTE

Invalido al 100% per una storia di malattia psichica alle spalle, Modenese era da tempo in cura al Centro di salute mentale dell'Ulss 3. Sabato scorso stava molto male. «In preda a sintomi di irrequietezza mentale e fisica», spiegano gli avvocati, tanto da spingere i genitori a chiamare prima i carabinieri e poi l'ambulanza, su cui l'uomo saliva di propria volontà, convinto a farsi ricoverare in psichiatria. Da quel momento i genitori non hanno più sue notizie. E l'esposto sottolinea anche questo dramma, con il padre che la domenica si reca in ospedale, per portare la biancheria al figlio, ma non viene fatto entrare in reparto. A metà mattinata gli viene detto che Modenese è in terapia intensiva, «sedato, in quanto agitato e "respirava male", ma che tutto era sotto controllo, che non dovevano preoccuparsi, che il figlio era intubato e cominciava a respirare bene». Solo dopo una successiva telefonata, il padre scopre che il figlio si trova «in coma, dopo un arresto cardio-circolatorio». Lunedì infine, parlando con i primari dei due reparti, i familiari scoprono che il loro congiunto «già al pronto soccorso era stato contenuto e trattato farmacologicamente perché in severo stato di agitazione, cui era seguito un improvviso arresto cardiocircolatorio che costringeva i sanitari a rianimare l'uomo per ben 30 minuti, per poi intubarlo e ricoverarlo in terapia intensiva, dove arrivava in uno "stato di coma, senza farmaci e senza riflessi", e dove decedeva martedì sera». Fin qui la ricostruzione dell'esposto.

LE ULTIME ORE

Nella sua nota l'Ulss riferisce dell'arrivo dell'uomo in pronto soccorso, accompagnato dai carabinieri «perché manifestava uno stato di alterazione e di aggressività. Ha poi accettato il ricovero in psichiatria dove si intendeva verificare, una volta che fosse superata la crisi temporanea, il suo stato di salute e le cause del disagio». Ma in quel reparto, a poche ore dal suo ricovero, i sanitari ne constatano, invece, lo «stato di arresto cardiaco; rianimato quanto alle funzioni vitali e quindi trasferito in Rianimazione, il paziente però non ha mai ripreso le funzioni cerebrali». Fino all'accertamento di morte di martedì sera. In attesa dei risultati dell'indagine, l'azienda non entra in ulteriori dettagli, ma si limita a ribadire la «vicinanza ai familiari colpiti dal lutto».

A PELLESTRINA

La comunità di Pellestrina è rimasta incredula alla notizia. Tante attestazioni di affetto stanno arrivando in queste ore ai genitori Sergio e Marilena e ai fratelli Emanuele e Marco che pur sconvolti dal dolore hanno deciso di acconsentire alla donazione degli organi.
Figlio di generazioni di pescatori, Bruno si era dedicato a questa attività, ma poi aveva lasciato il lavoro perchè ricosciuto invalido. Il suo punto di ritrovo era il bar "Gatto Rosso" a San Pietro. «Bruno era una persona buona - racconta il fratello Emanuele - Soffriva di qualche fragilità mentale, ma non era mai violento. Era seguito al Centro di salute mentale del Lido, dove aveva trovato un suo equilibrio. «Sabato sera era andato a mangiare la pizza con i miei genitori - prosegue il fratello - e lindomani sarebbero dovuti partire in vacanza. Da una decina di giorni, mia mamma si era accorta che qualcosa non andava». Era passato al bar dagli amici, ma come in preda a un attacco di panico, è stato chiamato il "118". Il fratello chiede chiarezza. «Vogliamo capire cosa sia successo in ospedale - conclude Modenese - dalle 23 circa di sabato mio papà ha salutato Bruno e da quel momento non lo abbiamo più visto».

Ultimo aggiornamento: 12:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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