VENEZIA - L'accusa è quanto più lontano ci sia dall'idea e dalla natura di una barca e un equipaggio che - per missione - dovrebbero salvare vite umane senza volere nulla in cambio. Ma è proprio questo il nodo dell'inchiesta aperta dalla procura di Ragusa, capace di mettere in discussione la ragione ultima che ha spinto la Mare Jonio a imbarcare a pagamento alcuni migranti da una nave danese nel settembre scorso.
L'ACCUSA
Più prosaicamente: soldi - e sembra anche parecchi - in cambio di farsi carico di 27 naufraghi salvati più di un mese prima da un'altra motonave. Detta in codice penale, si traduce con un'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e di violazione alle norme del codice della navigazione contestata a otto persone. Tra loro due noti esponenti della realtà no-global veneta come Luca Casarini, padovano e ex portavoce dei centri sociali e l'ex consigliere ed assessore comunale di Venezia Giuseppe Beppe Caccia, in giunta durante il mandato di Massimo Cacciari a Ca' Farsetti. Con loro sotto inchiesta il regista Alessandro Metz e il comandante Pietro Marrone. Sotto inchiesta anche la moglie di Casarini, Alessandra Sciurba; Agnese Colpani, Fabrizio Ciro Giuseppe Gatti e Georgios Iason Apostolopoulos. Gli indagati sono tutti collegati alla società armatrice del rimorchiatore messo in mare dall'associazione Mediterranea Saving Humans, del tutto estranea all'inchiesta come ha chiarito lo stesso procuratore di Ragusa spiegando che il suo ufficio non ha indagini sulla gestione delle Ong nei soccorsi in mare ma «soltanto su un episodio in cui sono coinvolte due società commerciali». Quello appunto del trasbordo di 27 migranti da un rimorchiatore danese sulla Mare Jonio, motonave di cui sono armatori (a vario titolo) Casarini e Caccia e che ora si trova ormeggiata alla Certosa, a Venezia, per una sorta di revisione quinquennale a scafo e motore.
PERQUISIZIONI E SEQUESTRI
Ed è a bordo della Mare Jonio che ieri mattina sono saliti i militari della guardia di finanza di Ragusa per perquisire l'imbarcazione, nella quale stava dormendo lo stesso Caccia. I militari hanno messo sotto sequestro il cellulare dell'ex assessore veneziano oltre ad alcuni documenti e carte di bordo che raccontassero le manovre e i passaggi avvenuti l'11 settembre 2020. Perquisizioni sono state portate a termine anche nella casa di Palermo di Luca Casarini - anche a lui è stato sequestrato il cellulare - e nella casa di Metz, a Trieste. Ma anche a Bologna, Lapedona, Mazara Del Vallo, Montedinove e Augusta alla ricerca di ogni elemento (carteggio o anche informatico) per provare i rapporti tra gli indagati e la società danese armatrice della motonave che aveva ceduto i migranti.
IL FATTO
Il 5 agosto 2020 la petroliera danese Maersk Etienne salva 27 migranti, tra i quali una donna incinta e un bambino: per trentotto giorni la nave vaga nel Mediterraneo in attesa di avere indicazioni sul porto sicuro nel quale far sbarcare i naufraghi soccorsi. La situazione la sbroglia l'11 settembre 2020 proprio la Mare Jonio: dopo un'ispezione sul cargo danese, decide di accogliere a bordo tutte e 27 le persone per farle scendere a Pozzallo. Nei controlli di routine gli investigatori visionano il diario di bordo della Mare Jonio e si insospettiscono per alcuni contatti con il cargo danese. «Le indagini - recita la procura - corroborate da intercettazioni telefoniche, da indagini finanziarie e riscontri documentali, hanno permesso di far emergere» l'accordo economico di cui ha beneficiato la Mare Jonio.
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