Mario Rigo, l'ultimo saluto martedì alle 15.30 a Noale

Sabato 23 Novembre 2019 di Edoardo Pittalis
Mario Rigo, l'ultimo saluto martedì alle 15.30 a Noale
3

I funerali di Mario Rigo - morto ieri mattina a 90 anni in ospedale a Mirano -  saranno celebrati martedì alle 15.30 nella chiesa arcipretale di Noale

Che cosa si può dire di uno che si è inventato il Carnevale moderno di Venezia; di uno che si è scagliato duramente contro il Mose molto prima che la gigantesca opera venisse iniziata? Di uno che quasi quarant'anni fa aveva proposto il ticket per l'accesso a Venezia contro la marea di un turismo senza regole? Di uno che con intuizione moderna aveva aperto la strada a sinistra dell'autonomia regionale? E che era convinto che Venezia e Mestre sarebbero state più forti solo separandosi?
Mario Rigo era tutto questo. Un socialista come quelli di una volta. Un sindaco di Venezia come quelli di un tempo, il più longevo dal dopoguerra di Ponti e Gianquinto fino all'era Cacciari.
Un politico in sella per settant'anni e mai sfiorato dal sospetto o da un'inchiesta. Capace di uscire dalla scena a 90 anni appena compiuti, e dopo aver appena confermato la presenza al dibattito di domenica all'Ateneo Veneto sulla separazione.
LE ORIGINI
Era nato a Noale, grosso centro dell'entroterra veneziano, il 4 ottobre 1929. Figlio dell'esattore del dazio, cinque fratelli. A guerra finita, il giovanissimo Rigo s'avvicina al Partito d'Azione e ha come riferimento politico Armando Gavagnin, antifascista del Comitato di Liberazione, per una breve stagione direttore del Gazzettino. Ma il Partito d'Azione è come una corazzata ingombra di ammiragli e con pochi marinai, nelle elezioni del 1948 scompare. Rigo segue Gavagnin nei socialisti che non accettano il Fronte Popolare e che con Saragat vanno verso il Psdi. Lavora e studia, è nel settore calzaturiero come venditore di tacchi e frequenta la facoltà di Economia a Ca' Foscari. Piano piano l'attività politica, dalla quale non uscirà più dal 1955, lo assorbe completamente, quando i due partiti socialisti si riuniscono entra in Consiglio comunale a Noale. Nel 1964 è consigliere provinciale per il Psi e anche assessore. Percorre la trafila che allora era di rigore per chi voleva fare politica: i grandi partiti avevano le loro scuole, si scalavano le posizioni per gradi, si facevano emergere i talenti cercando di non bruciarli.
Rigo è una carta pesante nel mazzo socialista e così viene dirottato al Comune di Venezia dove entra nel 1970 ed è subito vicesindaco nella giunta del democristiano Giorgio Longo. Il tempo di imparare come si manda avanti una colossale macchina burocratica, di capire come muoversi in una città che è ancora stordita dall'Aqua Granda del 1966 e si agita tra leggi speciali e attenzione internazionale. E arriva la grande occasione: nel 1975 Mario Rigo è eletto sindaco di Venezia, il primo non veneziano, il primo arrivato dalla campagna. Lo affianca come vice Gianni Pellicani, del Pci, e sarà un'accoppiata vincente, capace di reggere senza scosse per dieci anni di fila, di innovare e far crescere Venezia.
LE LETTERE
Rigo è un sindaco popolare e, a suo modo, anche vagamente populista. Attraccava ogni mattina col motoscafo all'imbarcadero comunale, ma non entrava subito a Ca' Farsetti, prendeva la calle che porta a Campo San Luca dove all'uscita dal caffè lo attendevano decine di signore con lettere di richieste: per una casa, per una pensione, per un lavoro. Infilava in tasca le lettere, dava a tutte una risposta. Sapeva usare bene il potere, ne conosceva le pieghe e le insidie. Si allargava volentieri alle relazioni internazionali della città, durante il suo mandato Venezia si è gemellata con mezzo mondo, dalla Cina all'Estonia. Prendeva seriamente il compito di presidente del Teatro La Fenice e quello di vicepresidente della Biennale. Alto, il ciuffo morbidamente arrotolato come andava di moda, affiancato da una moglie di bella presenza, il sindaco si presentava elegante con tanto di papillon alla prima all'opera e alla visita del Presidente della Repubblica Pertini e a quella del Papa Paolo VI.
Attraversava un tempo inquieto, anni di piombo insanguinati tra Mestre e Venezia di vittime del terrorismo, scossi da tensioni sindacali, ma pure anni nei quali i politici sani erano amati con una passione che sarà destinata a scomparire.
Rigo ha il senso pratico della politica, incalzato da Pellicani: vara i piani particolareggiati per Mestre, dà il via al decentramento con i consigli di quartiere, istituisce il primo assessorato al Commercio di Venezia, pianifica la riscossione delle tasse sulla raccolta dei rifiuti solidi urbani in laguna, cosa risultata fino ad allora complicata.
S'inventa nel 1980 il Carnevale moderno e può contare sulla regia di Maurizio Scaparro che immagina una Venezia universale, popolata di Pulcinella. E' un successo clamoroso che, però, mostra l'altra faccia della realtà: l'arrivo di un turismo di massa e senza regole. Tre anni dopo Rigo propone un ticket d'accesso alla città storica. Un altro sguardo lontano, non seguito da una città che mostra sin troppa miopia.
Non ha molti amici nel suo partito, non ama la sinistra che ha accantonato il vecchio Nenni, l'avanzata di Gianni De Michelis lo vede dall'altra parte. Forse per non ritrovarselo ingombrante di traverso, nel 1984 lo candidano con successo al Parlamento Europeo. Ma non rinuncia a sedere in Consiglio comunale a Venezia e pochi mesi dopo con un attacco diretto inizia la sua battaglia contro il cemento e contro il Mose che è già più di un progetto ed è una specie di uovo del serpente: in trasparenza si vede cosa nascerà. Il sindaco socialista Nereo Laroni è costretto alle dimissioni anticipate aprendo una crisi che in pochi anni vedrà accavallarsi cinque sindaci. Nel frattempo, Rigo anima la spinta separatista di Mestre da Venezia, idea alla quale resterà fedele: «La separazione è l'unica possibilità per Venezia che potrà così diventare una Città-stato. E per Mestre che potrà svilupparsi».
IL REGIONALISMO
Nel 1988, in contrasto con la dirigenza, si dimette dal Psi con una lettera a Craxi. Crea la Lega Autonomia Veneta con la quale si presenta alle regionali del Friuli e del Trentino, rientra in Comune a Venezia e viene eletto alla Camera nel 1992. Non rifiuta il confronto e il dialogo con la Lega, in qualche modo apre al regionalismo e indica nell'elezione diretta del sindaco la strada della stabilità nei Comuni.
Nel 1996 è eletto al Senato confluendo con la sua lista nell'Ulivo di Romano Prodi, continua ad abitare nel centrosinistra pur mantenendo la sua autonomia. Nel 2001 il nuovo presidente del Senato Marcello Pera, eletto con Berlusconi, lo chiama all'incarico di direttore di gabinetto della presidenza. E' un consigliere ascoltato, la sua lunga esperienza gli detta sulla riforma elettorale una visione che va oltre gli schieramenti politici e gli interessi di bottega.
Vicino ai novant'anni si raggomitola sulla sua Venezia che vede sempre di più come una città speciale che deve ancora avere qualcosa di speciale.

Esce di scena per una caduta in casa, di quelle che spezzano anche i giganti scavati dalla fragilità del tempo. 

Ultimo aggiornamento: 15:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci