Marina Cicogna: «Il mio cuore è a Venezia, ma non ci vivrei»

Venerdì 5 Novembre 2021 di Alda Vanzan
Marina Cicogna: «Il mio cuore è a Venezia, ma non ci vivrei»

VENEZIA - Preoccupata: «Non vorrei dire sempre le stesse cose, parlando di sé si rischia di diventare noiosi». Ecco Marina Cicogna, 87 anni, protagonista del documentario di Andrea Bettinetti La vita è tutto, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma e da oggi nelle sale in Italia (stasera 5 novembre al Rossini a Venezia, poi a Treviso, Torino, Milano, Palermo, Lido di Venezia, Padova...). Di lei il mondo cinematografico e le cronache mondane sapevano già tutto: contessa, appartenente all'antico casato lombardo dei Cicogna Mozzoni, il nonno materno era il conte Giuseppe Volpi di Misurata, creatore di Porto Marghera e del primo festival del cinema al mondo, nonché governatore della Tripolitania.

Fotografa, sceneggiatrice, produttrice cinematografica di successo (e qui va almeno citato Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri, Oscar nel 1971 come miglior film straniero).

Dichiaratamente omosessuale, è stata lei a scoprire l'attrice Florinda Bolkan, compagna di vita per oltre vent'anni. Il cinema, invece, l'ha lasciato dopo il suicidio del fratello Bino. E ora il cinema la omaggia.

Contessa Cicogna, le è piaciuto il documentario sulla sua vita?

«A me è piaciuto, l'ho visto per la prima volta l'altra sera al Maxxi (il museo di Roma che ha fatto sold out, ndr), sono contenta del risultato. L'idea è partita prima del Covid e prima che io mi ammalassi di tumore, pensavamo di muoverci un po' di più, ma mi sembra vivo. L'importante è che le cose siano vere e vivaci, non che si raccontino bugie».

Di Venezia dice: non ci vivrei. Cos'è che non va?

«È complicato, i problemi sono tanti. Quando mio nonno  pensò a Marghera il problema era dare lavoro a chi viveva in terraferma. Adesso l'emergenza è climatica, tra le prime città a rischio in tutto il mondo c'è Venezia. Mia madre, che come mio nonno aveva una passione insostituibile per Venezia, la ricordo mentre, io ragazzina, era al telefono a parlare del Mose. Ma io non ho mai veramente vissuto a Venezia, ci sono stata solo un inverno perché stavo preparando da privatista la licenza liceale. Quando dico che non riuscirei a vivere a Venezia è perché mi porta un peso di ricordi, una grande malinconia. Vivo a Roma, però il mio cuore sta a Venezia. E se ripenso all'ultima visita, proprio per questo documentario, mi vengono in mente tre giorni incredibili, magici: eravamo in piena pandemia, la città era vuota, nel Canal Grande non c'erano barche. Venezia forse ha bisogno del silenzio per comunicare la sua grande forza, la sua immensa bellezza».

Qual è lo stato di salute del cinema?

«Il problema principale è tenere vive le sale cinematografiche: la gente continuerà ad andare al cinema malgrado il fatto che tantissime cose le puoi vedere a casa sulle varie piattaforme? Quanto al cinema italiano, qui il problema è che ognuno parla per sé, non c'è uno scambio di idee, di creatività. Per me era affascinate mettere assieme i talenti, oggi invece ognuno lavora per conto suo, fa vita a sé. E invece nella preparazione dei film è importante prima di tutto ascoltare. E oggi non lo si fa. Prima di fare cinema, da ragazzina, ero amica di Franco Rossellini che a sua volta era amico di Pier Paolo Pasolini. Io Pasolini lo frequentavo molto prima di fare cinema. Voglio dire che il mondo delle persone di talento si mescolava, oggi no, oggi ognuno resta nel suo castello di vetro convinto di essere un genio. Eravamo un paese pieno di aperture, non lo siamo più».

Dichiaratamente omosessuale ai tempi in cui nessuno lo confessava. Cosa pensa del ddl Zan accantonato in Senato? Quanto pesano le discriminazioni sessuali?

«Vivendo una vita abbastanza chiusa, non me ne rendo terribilmente conto. Sicuramente la discriminazione c'è perché leggo che la gente ti attacca per strada se fai un certo tipo di dichiarazioni. Però questa cosa di dover vivere tutti i momenti della propria vita in pubblico, con i social, secondo me è molto distruttiva. Condividere le idee è intellettualmente e creativamente importante, ma credo sia anche importante avere una certa privacy sulle scelte personali. Avere determinate leggi va benissimo, ma non so se siano tutele reali».

C'è un politico che le piace o che è piaciuto?

«Una cosa che mi è sempre mancata è il grande interesse per la politica. Quanto la politica - e soprattutto il Partito Socialista - è entrata con mano pesante nel mondo del cinema, nel senso che potevi avere determinate facilitazioni solamente se andavi a colazione con Craxi, ecco, per me questo era molto pesante. Non ho mai apprezzato il mondo della politica. Oggi, per quel poco che so, mi sembra che Draghi sia una persona di prim'ordine, una persona che si fa rispettare. Penso che averlo lì, dov'è, sia molto importante e non lo manderei certo al Quirinale. Al Quirinale dobbiamo avere una persona come Mattarella. Comunque in questo momento siamo messi un po' meglio degli anni precedenti».

Che consiglio dà ai giovani? Studiare o lavorare se si ha una grande passione?

«Secondo me lo studio e l'educazione dei giovani nascono in casa. I genitori sono responsabili di tante debolezze dei giovani a cui è concesso un pochettino qualsiasi cosa, soprattutto la maleducazione. Viviamo in un mondo non tanto gradevole, se almeno riusciamo a essere abbastanza cortesi già questo aiuta. I giovani devono imparare ad avere una loro struttura culturale, la scuola e lo studio sono importanti ad aprire il cervello delle persone. Non sarà utile da un punto di vista pratico saper fare le traduzioni dal latino e dal greco, ma ci aiutano in futuro a imparare la costruzione di altre lingue. Io penso che fino a una certa età occorra studiare e riempirsi gli occhi di musei, di città, di posti nuovi. Il lavoro bello è quando hai una passione».

Rimpianti?

«Se avessi cercato persone che si occupassero del lavoro finanziario, forse avrei continuato a produrre per qualche altro anno. Ma siamo anche legati a dei sentimenti e per me era difficile dopo la morte di mio fratello: ho reagito scappando da cose che non riuscivo ad affrontare. Guardando indietro, forse si poteva essere un po' più cinici. Ma ognuno di noi è fatto a modo suo».
 

Ultimo aggiornamento: 17:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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