Il Green Pass serve anche a messa? Il dubbio del parroco di Carpenedo

Sabato 24 Luglio 2021
Il Green Pass serve anche a messa? Il dubbio del parroco di Carpenedo
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VENEZIA - Green pass anche per andare a Messa? «Non ne vedrei l'esigenza: la celebrazione dura 40 minuti, il luogo è molto ampio, la gente osserva le distanze e bada a igienizzarsi», scrive su L'incontro don Gianni Antoniazzi, parroco di Carpenedo e presidente della Fondazione Carpinetum dei Centri don Vecchi.

Che, però, si interroga «su cosa fare per i funerali: nonostante le esortazioni alla prudenza, usciti di chiesa, molti si abbracciano. La responsabilità non è certo del prete. Se però il virus si diffondesse la gente perderebbe fiducia nelle celebrazioni. Mi chiedo come regolarci nei matrimoni: il Green pass è previsto per il ristorante. La chiesa dovrebbe verificare a sua volta gli ingressi? Anche in quell'occasione ci sono baci e abbracci. Insomma: se per la professione religiosa di Cristina col Patriarca a Marango l'11 settembre si chiede la certificazione, dovremmo domandarla anche per liturgie analoghe?».


I LIMITI DI UTILIZZO

Don Gianni definisce il green pass «uno strumento che può essere efficace se usato con saggezza» e afferma: «È stato impiegato al Redentore, festa anche religiosa. In effetti dove molta gente si riunisce per un tempo prolungato sembra ragionevole prevederlo; meno nel negozietto di quartiere. Occorre equilibrio».


LA SCUOLA

Il ragionamento viene allargato alla scuola: «C'è poi la questione delicata degli insegnanti. Mi interrogo circa la scuola paritaria. Per privacy, al momento, non si può neppure chiedere chi sia vaccinato. E tuttavia, nelle classi con alunni fragili, sarebbe forse opportuno domandare il Green pass? Non si violerebbe la privacy; chi rifiutasse il vaccino potrebbe pur sempre farsi il tampone. Tutte domande cui spero vengano date risposte sensate e di buon senso».
La scorsa settimana Don Antoniazzi aveva annunciato di voler organizzare una festa per gli anziani dei Don Vecchi a fine agosto. «Piano, non ci sono sconti. Partecipa chi ha il green pass. E qui si chiudono subito le discussioni», corregge il tiro ribadendo il principio cardine: «Chi vuol partecipare serenamente alla vita e alle attività dei centri deve essere vaccinato, deve essere immune dal virus perché già ne è guarito (ma i casi, come abbiamo sempre detto, si contano su una mano) oppure deve dimostrare di volta in volta di essere sano. E non può dimostrarlo col tampone fatto in casa da non si sa quale parente compiacente. La posta in gioco è troppo alta per permetterci di essere superficiali. Strutture come le nostre contano 600 e più residenti senza mettere poi nel numero gli operatori e i volontari: l'ingresso del virus sarebbe una minaccia troppo alta».


Infine, il sacerdote prende le distanze dai no-vax: «Se qualcuno diffonde l'idea che è sbagliato vaccinarsi o insegna che il Covid è già passato, da una parte ignora la realtà presente, dall'altra espone la gente a gravi conseguenze talora anche mortali». E sostiene: «Chi usa internet e social per creare opinioni lontane dagli indirizzi scientifici, crea pericoli ai più fragili. Per carità: se uno non vuol farsi il vaccino è libero. Non altrettanto, però, di diffondere opinioni senza titolo e sottobanco».
A.Spe.

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