Nuove regole per i funerali: «Torniamo alla fede, le cerimonie a volte diventano eventi»

Mercoledì 16 Febbraio 2022 di Alvise Sperandio
Don Natalino Bonazza
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VENEZIA - «La liturgia cristiana dei funerali è celebrazione del mistero pasquale di Cristo Signore». Don Natalino Bonazza, parroco di San Giuseppe in viale San Marco e vicario di Mestre, fissa l'attenzione sul punto focale della nuova nota pastorale: «Il funerale non è un fatto privato, ma va inserito nell'ambito di una parrocchia che è la comunità cristiana che accompagna la persona defunta e i suoi congiunti e amici spiega il sacerdote Quel che ci preme è andare al cuore della nostra fede: la resurrezione di Cristo nostro Signore».
Talvolta, infatti, c'è il rischio che le esequie diventino un evento che poco a che fare col senso cristiano. «La chiave è il rapporto che va costruito con i familiari nel momento che intercorre tra il decesso e la celebrazione della messa. È lì che vanno raggiunti, ascoltati, accompagnati nell'affrontare l'esperienza del lutto.

Penso sempre che in queste circostanze il parroco dev'essere presente tempestivamente, mettendo da parte telefono e orologio. Una volta avviato il contatto tante cose si spianano. Ed è fondamentale che la comunità sia partecipe». Non è un caso che la nota arrivi dopo un biennio difficilissimo, dominato dalla pandemia da Covid e segnato da tante sofferenze e morti. Il patriarca Moraglia l'ha presentata in dicembre, ora le varie zone della diocesi iniziano a organizzarsi per recepirla nel concreto. «C'era un'esigenza di aggiornamento, dentro una sensibilità particolare per quello che stiamo attraversando. Alle linee generali si aggiunge l'attenzione per i contesti specifici, mentre gli allegati rappresentano dei capitoli aperti, su aspetti particolari», spiega don Natalino.


A Carpenedo, una delle parrocchie in assoluto più vivaci, lo scorso anno sono stati celebrati 130 funerali, cui se ne aggiunge un altro centinaio al cimitero la cui cura pastorale è affidata a don Armando Trevisiol. Secondo il parroco, don Gianni Antoniazzi, emerge un dato di fondo: «Quanti in vita hanno sviluppato una scarsa umanità e un legame carente col defunto, al momento del funerale sentono il bisogno di ringraziarlo in tutti i modi. In un certo senso il commiato riflette il comportamento precedente: chi invece si è curato della relazione, mantiene e cura un'aderenza cristiana. In cimitero, poi, la situazione è del tutto diversa. Lì ci sono le persone senza luogo, senza appartenenza: persone sole, che non hanno parenti, conoscenti, che mai hanno frequentato la parrocchia o tenuto un contatto con la Chiesa». Don Antoniazzi è convinto «che tanti funerali riflettano un forte individualismo. Spesso dal pulpito vengono pronunciati discorsi lunghi eterni, ripetitivi, senza né capo né coda. Spiace dirlo, ma c'è chi approfitta dell'occasione per mettersi in mostra. Ecco perché ho introdotto il limite dei tre interventi. E poi c'è il tema del ritardo sul sagrato, dove la gente si ferma a parlare a lungo attorno al carro funebre. Succede anche perché ci sono parenti che non si vedono da tempo e probabilmente non si vedranno più». Tra le novità a Mestre, c'è l'affidamento della preghiera alla sepoltura a un laico o un familiare: «Non va interpretato come un allontanamento del sacerdote, ma come un coinvolgimento maggiore, responsabile e preparato, dei laici», conclude il sacerdote.
 

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