«Soldi, tecnologia, fondi neri e usanze: viaggio negli affari dei cinesi a Venezia». E poi ci sono i Guanxi

Sabato 9 Gennaio 2021
«Soldi, tecnologia, fondi neri e usanze: viaggio negli affari dei cinesi a Venezia». E poi ci sono i Guanxi
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Confapi Venezia, Associazione della piccola e media industria della Città Metropolitana di Venezia, ha recentemente avviato una piattaforma di cooperazione economica e tecnologica con un ente governativo della città di Tianjin, una tra le 4 principali città cinesi e nota come il “porto di Pechino”.

Il motivo della cooperazione è duplice: aiutare le PMI italiane ad accedere al mercato cinese ed attirare a Venezia investimenti.

Cinesi comprano Venezia

In un rapporto consegnato da Confapi Venezia al competente assessore comunale Simone Venturini a dicembre 2020, proprio sul tema del turismo cinese, abbiamo sottolineato come le indagini statistiche condotte in Cina dalle maggiori società di consulenza strategica mondiale sono concordi nel rilevare che i turisti cinesi che vengono in Europa spendono mediamente, a testa, sui 280 300 Euro al giorno nel luogo di destinazione, mentre in un rapporto pubblicato nel 2017, Banca d'Italia rileva circa 100 110 euro. 
Questa discrepanza è drammatica, ma realistica, ed è dovuta principalmente ad un meccanismo specifico.
I turisti cinesi, infatti, hanno una lingua ed una cultura radicalmente diverse da quelle europee, difficilmente parlano l'inglese, sono consumatori molto accorti e sospettosi, oltre che essere molto esigenti; quando arrivano in Italia trovano operatori fondamentalmente impreparati, che non conoscono e non capiscono le loro esigenze e che difficilmente parlano la loro lingua. Per questo motivo, i turisti cinesi prediligono strutture cinesi (alberghi, ristoranti, negozi, ecc.).


Questo si accompagna al fatto che, in Cina, i pagamenti si fanno quasi esclusivamente via smartphone, principalmente tramite due app (WeChat ed Alipay), mentre i contanti sono praticamente spariti. Le carte di credito rilasciate in quel Paese sono molto rare e quasi nessuna abilitata ai circuiti internazionali; le carte di debito sono rilasciate da un unico operatore nazionale (UnionPay), per il quale ancora relativamente pochi esercenti italiani sono abilitati.


Buste rosse

Le due App citate possono abilitare appieno le loro funzio una carta di identità cinese o di un conto corrente cinese, permettendo anche il trasferimento di denaro tra gli utenti in forma di busta rossa, cioè di donazione. 
I piccoli operatori cinesi residenti in Italia possono dare la possibilità ai turisti cinesi di pagare i servizi tramite smartphone, utilizzando account agganciati a carte di identità cinesi, generando transazioni finanziarie Cina su Cina, per servizi erogati in Italia, senza che ci sia alcun modo di tracciare le transazioni. 
I piccoli operatori cinesi, inoltre, possono spezzare i vari pagamenti in buste rosse che vengono inviate a più account, agganciati a carte di identità di famigliari e conoscenti, generando una massa di nero sia per il sistema fiscale italiano che per quello cinese.
La gestione delle rimesse (trasferimento unilaterale di denaro verso l'estero), generalmente, è uno degli strumenti di controllo fiscale, ma è anche un veicolo di valorizzazione economica e finanziaria delle transazioni internazionali; nel caso della Cina, però, si verifica una situazione unica, perché questo sistema rende le rimesse del tutto irrintracciabili, ma al contempo offre una grande sicurezza per chi genera il nero, perché la leggendaria valigia di contanti sta praticamente scomparendo. 
Non essendoci una piena comprensione di questo meccanismo, qui in Italia si generano diversi gravi equivoci.
Uno è quello della provenienza dei capitali di investimento: non essendo chiaro come si generano, c'è la tendenza a pensare che provengano da chissà quali organizzazioni criminali. Anche se questo può essere parzialmente corretto, è anche vero che gran parte di questi capitali vengono raccolti in Cina direttamente da chi li genera e, poi, reinvestiti.


I Guanxi

Generalizzare e fare di tutta l'erba un fascio, oltretutto, non è solo sbagliato in principio, ma genera ancor più incomprensione ed equivoci. Un aspetto culturale pervasivo della società cinese è quello delle cosiddette guanxi, un termine che non ha una vera traduzione in italiano e si presta a varie interpretazioni, ma che possiamo vedere come un sistema di relazioni molto profonde, in cui vengono mescolati interessi sociali ed economici nell'ambito di una comunità, spesso composta da un numero di famiglie che si legano tra loro anche attraverso le generazioni. Per capire un po' l'importanza di queste strutture economico-sociali, si può fare un parallelo con quello che accade nelle comunità montane, dove più famiglie nel corso delle generazioni hanno creato dei fondi comuni, scambiandosi reciprocamente quote di proprietà indivisibili, sebbene le guanxi siano organizzate in modi meno formali rispetto alle Regole del Cadore. In Italia c'è la tendenza a ve+cola attività imprenditoriale con un atto individuale o come una attività famigliare, ma per molti imprenditori cinesi l'attività d'impresa si estende anche alla guanxi, che assiste l'imprenditore anche attraverso la raccolta di capitale. Per questo motivo, molti imprenditori cinesi che aprono le attività in Italia riescono a trovare capitali che il reddito individuale non consentirebbe.


Cosa comprano i cinesi

L'imprenditore cinese che investe in Italia, altresì, spesso è residente da svariati anni, se non decenni, con figli nati in Italia che hanno frequentato scuole italiane; si tratta, quindi, di persone perfettamente integrate nel tessuto sociale italiano, che svolgono una funzione di sviluppo economico al pari tutti gli altri piccoli imprenditori e che, in altri Paesi, sarebbero già a tutti gli effetti cittadini naturalizzati.


La questione del nero è, dunque, un problema serio che va affrontato con strumenti adeguati, a partire dal fatto che la stessa normativa italiana è carente, che è necessario avviare una reale cooperazione tra le strutture di vigilanza e controllo italiane e cinesi (che è nel reciproco interesse), e che sono necessari specifici accordi internazionali sugli investimenti, di cui quello firmato da pochi giorni, il CAI - Comprehensive Agreement on Investment, tra Europa e Cina, è un primo limitato esempio. 


Il controllo e gli accordi quadro, però, non sono sufficienti: è necessario un rapido adeguamento dei servizi, a partire dal fatto che il sistema bancario offre strumenti ancora troppo arretrati, troppo costosi per la gestione delle micro transazioni digitali e troppo limitati per gli utenti internazionali.


Per quanto riguarda Venezia, inoltre, soprattutto nel settore del turismo, gli operatori non sono ancora adeguatamente preparati per offrire servizi realmente attrattivi per un turismo non di massa, c'è poca specializzazione per aree di provenienza, soprattutto quelle extra europee, e, conseguentemente, poca preparazione per accogliere il turismo cinese, sebbene sia quello più alto-spendente al mondo.
Infine, giudicare in modo generalizzato gli investimenti cinesi come parassitari è un errore economico, ma prima ancora un vergognoso pregiudizio sociale, la lotta al nero ed all'opacità non deve colpire ingiustamente una comunità che fa parte integrante della nostra società e della nostra economia.


Simone Padoan
*Consigliere delegato
all'internazionale
e coordinatore di Vtticp
piattaforma di cooperazione economica e tecnologica
tra Venezia e Tianjin

Ultimo aggiornamento: 12:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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