«No ai genitori ultras, ma non vanno esclusi». La Figc: «Il caso Galaxy-Campalto? Non violenza, è problema educativo»

Venerdì 14 Ottobre 2022 di Marco Bampa
Calcio giovanile, violenza e genitori ultras: la Figc cauta parla di problema educativo
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VENEZIA - Violenza nel calcio giovanile no, diseducazione sì. Non nei ragazzi, beninteso, ma nei genitori, che molto spesso si trasformano in spietati ultras quando in campo vedono giocare i propri figli. Facendo rotolare assieme al pallone anche il loro ruolo primario di educatori, mandando in fuorigioco concetti basilari come fair play e buon senso. Giuseppe Ruzza, presidente del Comitato regionale veneto della Figc, accende un faro su quanto accaduto sabato a Mira tra Galaxy e San Benedetto Campalto categoria Under 17 (due giocatori della squadra di casa finiti in ospedale con una frattura, il portiere alla costola, un difensore al braccio) e mette subito in chiaro i contorni della vicenda, che ha sollevato un polverone soprattutto via social.
«Non so francamente da dove nasca la polemica sulla violenza - dice Ruzza, che ha voluto approfondire di persona - non ero presente ma ho letto il referto dell'arbitro dell'incontro, che non segnala nulla di particolare, ci sono solo due giocatori ammoniti. I due infortuni, seppure gravi, sembrano fortuiti, almeno a giudizio del direttore di gara. Bisogna condannare quando c'è da condannare, ma anche saper valutare e analizzare con precisione. Ne ho parlato anche con il delegato provinciale, non emergono cose gravi, almeno dalla nostra documentazione.

Probabilmente sono i genitori, come spesso accade, ad aver amplificato la questione».

E' un problema dunque nato più fuori dal campo a causa dei grandi, piuttosto che nel terreno di gioco?
«Dobbiamo impegnarci a far diventare i genitori una risorsa, piuttosto che un problema. Attualmente se metti le due cose su una bilancia, sembra che il genitore rappresenti più un problema, ma non deve essere così. Le società hanno bisogno di loro, non solo perché portino i loro figli a giocare, ma perché, in un momento di difficoltà come questo, diano una mano. Purtroppo, quando guardi tuo figlio giocare è quasi fisiologico vedere le cose in modo diverso dalla realtà. Ma va fatto uno sforzo comune».

Dunque nessun allarme in Federazione?
«Se c'è qualcosa di grave, noi interveniamo e sanzioniamo, anche severamente, ma in caso contrario cerchiamo tutti di stemperare le situazioni. Anche perché se la cosa non viene riportata in modo corretto, fa più danno che altro. Non voglio mai sminuire quello che accade nei nostri campi di calcio: so che ci sono situazioni che lasciano a desiderare, ma non è questo il caso».

I social in questo senso, non sembrano aver aiutato, visti i commenti piovuti sulla partita
«Personalmente non ho né Facebook, né altro, proprio per evitare certe situazioni. Le chat hanno un'importanza straordinaria, quelle che abbiamo e utilizziamo noi ad esempio sono utilissime, perché rappresentano la comunicazione immediata. Ma se ne viene fatto un altro uso, allora creano danni».

Michele Tramarin, presidente della San Benedetto Campalto, propone di giocare a porte chiuse le partite delle giovanili, perché il vero problema sono proprio i genitori che fomentano i ragazzini. Che ne pensa?
«Non sono d'accordo. Dobbiamo impegnarci non ad escluderli, ma ad includerli, perché diventino una risorsa, sennò non si va da nessuna parte. La società è cambiata, c'era più rispetto dei ruoli e dell'autorità, sia che fosse esercitata dal professore a scuola, sia a casa dal genitore. Ora vanno ristabilite certe regole e da questo non possiamo escludere i genitori, che ne sono le parte principale. Viene naturale pensare ad escluderli: se in tribuna, e non è questo il caso di Mira, ci sono momenti di subbuglio, è altamente diseducativo per i ragazzi vedere certe scene. L'adulto deve essere esemplare, sempre. Diciamo quindi sì ai genitori alle partite, ma sempre con un dovuto comportamento».

Come si insegna ad un genitore a comportarsi bene in tribuna?
«Devono crescere, perché sono indispensabili. Una società che ha un gruppo di genitori coeso funziona decisamente meglio. Ad un incontro l'altra sera ho sentito una mamma dire che era diseducativo cambiare una squadra e far giocare anche i meno bravi. Ho risposto che se giocassero solo i bravi, avremmo un decimo delle squadre che abbiamo. C'è chi soffre, perché si rende conto che il figlio è meno bravo e gioca meno, ma anche quelli che spingono i figli con troppe aspettative. E questo è diseducativo. Devono parlare il linguaggio dei figli, remando tutti dalla stessa parte».

Ezio Vendrame, quando allenava i ragazzini del Casarsa, diceva che la sua squadra ideale era fatta da orfani. È d'accordo?
«Ho ammirato Vendrame calciatore, ma non sono d'accordo. Non è giusto escluderli. E' faticoso farli ragionare, ma è un obiettivo da raggiungere».

Ultimo aggiornamento: 10:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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