«Welcome Venice», il film di Andrea Segre, viaggio nella città che cambia ai tempi del Covid

Domenica 22 Agosto 2021 di Adriano De Grandis
Andrea Segre

VENEZIA - Il regista Andrea Segre racconta il suo nuovo film che sarà presentato alle Giornate degli Autori alla prossima Mostra del Cinema. Nel cast Andrea Pennacchi, Ottavia Piccolo e Roberto Citran


LA PELLICOLA
Il rapporto con l'acqua e con la laguna non è mai mancato, un po' perché Chioggia gli appartiene, anche per vincoli familiari (e comunque qualcuno ricorderà sicuramente Io sono Li), e un po' perché Venezia sta a pochi passi da dove ha consumato gran parte della sua vita, prima di trasferirsi a Roma.

Ovvio che prima o poi il centro storico e la terraferma, con Mestre e soprattutto Marghera, diventassero luoghi di indagine sociale e perlustrazione umana: così sono nati Il pianeta in mare, poi Molecole e adesso quest'ultimo Welcome Venice, che le Giornate degli Autori, sezione autonoma della Mostra del Cinema, hanno scelto come loro film di apertura nelle neonate Notti veneziane. Andrea Segre poi ha un rapporto con la Mostra piuttosto ampio, a cominciare proprio da quel Io sono Li, che gli è valsa la notorietà diversi anni fa: «Sono contento di tornare proprio alle Giornate vent'anni dopo quel film, è una questione anche di affetto. Poi il fatto che venga proiettato nella nuova sala dedicata a Valentina Pedicini, scomparsa così giovane poco tempo fa, mi dà un ulteriore valore aggiunto». Certo se fosse arrivata la chiamata di Barbera per il Concorso, come dice lui «sarebbe stato davvero il massimo», ma insomma non è arrivata.


LA TRILOGIA

Venezia, dunque. Partiamo da qui. Ci hai dedicato i tuoi ultimi lavori: «È un viaggio che ho voluto affrontare per capire qualcosa di più di questa città, un luogo fin troppo conosciuto, ma poco raccontato da dentro. Così sono partito da Marghera, dalle sue fabbriche, oggi multietniche, poi quando dovevamo girare questo Welcome Venice, che inizialmente era anche una pièce teatrale, il Covid ci ha di fatto bloccato, facendo nascere Molecole, che non era previsto, finendo col vivere e mostrare la città in lockdown, vissuta in modo assurdo, spogliata e al tempo stesso potente. Forse però ci può aiutare a capire e affrontare il futuro, dai cambiamenti climatici al turismo globale. Ho visto una città che ha tanta paura di se stessa, che deve e vuole capire i problemi e cosa sia possibile inventarsi di nuovo. Per me Venezia è un laboratorio perfetto per il domani, anche se il disorientamento è palpabile». 


DIALETTO, NON TROPPO 
E poi c'è la Giudecca, che di Venezia è il ramo separato, più esposto, terreno di quotidianità complessa e ruvida: «Mi piacciono i luoghi che hanno nomea di tensioni, pericolosità, ritrosie. Tutto il mio cinema li ha sempre attraversati. In realtà è stata la pesca delle moeche, i granchi senza carapace, a portarmi là, in quell'habitat dove il rapporto tra fragilità e sapienza diventa anima e forza. Oggi la Giudecca è una zona di grande vivacità culturale, associativa, che mi ha stupito».
Avete deciso di usare un dialetto non troppo stretto, una scelta che farà discutere: «Abbiamo cercato di usare un linguaggio comprensibile, che non richiedesse la continuità dei sottotitoli, verso i quali non ho pregiudizi ovviamente e che ogni tanto comunque ci sono. Un ibrido d'altronde parlato normalmente nella vita di ogni giorno dalle nuove generazioni». Venezia, Mestre: l'esodo iniziato ai tempi della nascita del Petrolchimico, anni '60 e mai arrestato: «La tensione del film vive interna a molte famiglie e alla scelta fatta in questo mezzo secolo da molti veneziani. Oggi il mercato ti impone quasi di lasciar perdere le moeche e trovarti un alloggio e un lavoro in terraferma. Il conflitto tra fratelli nasce tra chi capisce che i tempi sono ormai irrimediabilmente cambiati e chi trova assurdo cedere alle lusinghe economiche, perdendo le proprie radici». Prodotto dalla padovana Jolefilm di Francesco Bonsembiante con Rai cinema, in uscita successiva il 9 settembre per Lucky Red, con Paolo Pierobon, Andrea Pennacchi, Ottavia Piccolo e Roberto Citran, ha vissuto il set assediato dal Covid: «Sono stato positivo per una settimana e ho dovuto lavorare in una specie di smart-regia, lontano dagli altri. Ma a volte la tensione e la paura aiutano a trovare un'unità ancora maggiore. Semmai il vero dispiacere è che la mia trilogia su Venezia non ha ottenuto mai un aiuto economico da parte della Regione Veneto, una delusione enorme». Nessuno, come è risaputo, è profeta in patria.
 

Ultimo aggiornamento: 17:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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