Unabomber, indagini di nuovo impantanate per i reperti "sbagliati"

Tra il materiale oggetto di analisi spuntano anche "pezzi" che non dovevano esserci

Giovedì 20 Aprile 2023 di C.A.
Unabomber, indagini di nuovo impantanate per i reperti "sbagliati"

TRIESTE - Battuta d’arresto per le nuove indagini su Unabomber, il bombarolo che tra il 1994 e il 2006 ha disseminato il Nordest di tubi bomba o camuffato gli ordigni all’interno di scatolette di sgombro, pennarelli e tubetti di pomodoro. L’incidente probatorio, disposto dal gip Luigi Dainotti su richiesta della Procura di Trieste per cercare eventuali tracce genetiche sui reperti con le nuove tecnologie, è stato avviato il 28 marzo. Le operazioni sono cominciate nei laboratori del Ris di Parma, ma l’altro ieri sono state sospese sulla scorta delle osservazioni dei consulenti tecnici di parte. Il motivo? L’elenco dei reperti inserito nel conferimento d’incarico non coincide con alcuni reperti consegnati ai due periti nominati dal Gip, che sono il colonnello Giampietro Lago, comandante del Ris e la professoressa Elena Pilli, antropologa molecolare forense dell’Università di Firenze che al fianco degli investigatori dell’Arma ha lavorato anche per risolvere il caso di Yara Gambirasio.


I REPERTI
Nel quesito posto dal Gip sono elencati dieci reperti (tra cui ordigni inesplosi) che riguardano altrettanti attentati commessi tra il 6 marzo 2000 (San Vito al Tagliamento) e il 28 ottobre 2007 (Zoppola). «Quando gli involucri spediti dalla Procura sono stati aperti - spiega l’avvocato Paolo Patelmo - si è scoperto che contenevano anche altro materiale, diverso dagli oggetti elencati nel provvedimento».

Si tratta di materiale che la Procura non ha chiesto di esaminare. E sul quale i consulenti delle difese dei fratelli Elvo e Galliano Zornitta - rispettivamente Enrico Pagnotta, genetista forense e Lorenzo Pascoli, direttore compartimentale del Gemelli di Roma - hanno acceso il semaforo rosso. A quel punto il collegio ha recepito le osservazioni e ora “interroga” l’autorità giudiziaria affinché definisca il materiale da cui estrarre eventuali tracce di Dna.


LE DIFESE
Per l’avvocato Paolo Dell’Agnolo, accanto all’ingegner Elvo Zornitta sin dalla prima indagine finita con un’archiviazione, è un passaggio doveroso. «Se non ci fossero state precedenti manomissioni - osserva - sarei sereno». Lo è ugualmente, aggiunge, ma non può dimenticare il giorno in cui fu aperto in aula il pacco con le famose forbici usate per alterare il lamierino e Zornitta gli sussurrò «avvocato, non sono mie quelle forbici». Sullo stato di conservazione dei reperti e su eventuali contaminazioni a distanza di oltre vent’anni, i difensori delle 11 persone indagate ai fini dell’incidente probatorio non nascondono dubbi. «Ho chiesto l’accesso al registro dei reperti per esaminare i verbali di apertura e chiusura degli involucri - osserva Patelmo - Non ho ricevuto risposta. Al momento non sappiamo chi, nel corso degli anni, li abbia visionati, quando e con quali modalità. Dopo le osservazioni dei nostri consulenti, attendiamo chiarimenti dalla Procura e dallo stesso Gip sui reperti da analizzare». Il legale bellunese è scettico. «Che cosa vogliamo trovare dopo 20 anni? A questi undici indagati è stata inflitta una pena ingiusta. Continua lo stillicidio giudiziario che francamente ha umiliato il mio assistito e non lo lascia tranquillo. Il suo unico torto è di avere una mano offesa e di essere il fratello di Elvo, abbondantemente prosciolto e ora di nuovo coinvolto in questo tourbillon giudiziario che non porterà a nulla».


NUOVA INDAGINE
A sollecitare i nuovi accertamenti sono stati il giornalista Marco Maisano e due vittime di Unabomber, Francesca Girardi, ferita a 9 anni dall’esplosione dell’evidenziatore giallo raccolto sul greto del Piave il 25 aprile 2003, e Greta Momesso, che il 13 marzo 2005 aveva otto anni e la cui mano è stata dilaniata dalla candela-bomba alla nitroglicerina esplosa mentre la collocava nel candelabro sotto l’altare della Madonna.

Ultimo aggiornamento: 16:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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