Unabomber​, si torna in aula: al via una nuova sfida fra esperti. I dieci reperti da ripassare al setaccio

Sono gli oggetti esaminare con le nuove tecnologie in grado di estrarre profili genetici anche con minime tracce biologiche

Domenica 12 Marzo 2023 di Cristina Antonutti
Unabomber , si torna in aula: al via una nuova sfida fra esperti. I dieci reperti da ripassare al setaccio

 UDINE - Undici iscritti sul registro degli indagati, 10 reperti da esaminare con le nuove tecnologie in grado di estrarre profili genetici anche con minime tracce biologiche. Riparte dall’incidente probatorio la nuova inchiesta sul bombarolo del Nordest sollecitata alla Procura di Trieste dal giornalista Marco Maisano e da due vittime di Unabomber, Francesca Girardi, ferita a 9 anni dall’esplosione dell’evidenziatore giallo raccolto sul greto del Piave il 25 aprile 2003, e Greta Momesso, che il 13 marzo 2005 aveva otto anni e la cui mano è stata dilaniata dalla candela-bomba alla nitroglicerina esplosa mentre la collocava nel candelabro sotto l’altare della Madonna.

Domani - lunedì 13 marzo - il gip Luigi Dainotti conferirà l’incarico al comandante del Ris di Parma, il colonnello Giampietro Lago e all’antropologa molecolare forense dell’Università di Firenze, Elena Pilli.

Le difese non resteranno all’angolo. La nomina di consulenti - dopo la clamorosa manipolazione del lamierino nel procedimento contro l’ingegner Elvo Zornitta, come ricorda l’avvocato Paolo Dell’Agnolo - è un passaggio definito «scontato». Ma c’è un altro punto sul quale alzeranno la voce, in particolare gli avvocati Alessandra Devetag e Leopoldo Da Ros. E riguarda l’autorizzazione data dalla Procura di Trieste a consultare gli atti del fascicolo di Unabomber a Maisano. «Sono stati consultati soltanto gli atti o sono stati visionati anche i reperti? E con quali modalità?», si chiedono i legali.

Sono interrogativi già posti al Gip dalla stessa Devetag, inizialmente assegnata d’ufficio a tutti gli indagati. Dainotti le ha ritenute infondate sottolineando che “saranno i periti a verificare se e con quali modalità i dieci reperti da analizzare potranno fornire utili elementi per la prosecuzione delle indagini e l’individuazione di eventuali responsabili”. Dalla lista sono esclusi gli ordigni degli anni ‘90, episodi già inghiottiti dalla prescrizione. La Procura si concentra sui reperti che vanno dal 2000 al 2007, sulle cui modalità di conservazione e repertamento si concentreranno le difese. Il capello bianco trovato nell’uovo-bomba venduto al Continente di Portogruaro, ad esempio, è datato 31 ottobre 2000. La busta mostrata nel podcast di Maisano porta invece la data del 26 ottobre 2000, reperto 14_4 del Gruppo interforze.
 
GLI OGGETTI


STELLE FILANTI - Il 6 marzo 2000, in via Anton Lazzaro Moro a San Vito al Tagliamento, all’indomani della sfilata dei carri di Carnevale, vicino al porticato di un’abitazione un sanvitese raccoglie una bomboletta spray di stelle filanti. Toglie il tappo e nota una batteria stilo da 1,5 volt e dei cavi elettrici. Gli artificieri dell’Arma accertano che è un ordigno esplosivo: all’interno della bomboletta trovano un tubo metallico chiuso alle estremità con piombo fuso. In una delle estremità è inserito un pezzo di barra filettata con due incisioni longitudinali in cui sono inseriti i fili di innesco. Nella bomboletta viene recuperata una formazione pilifera.


UOVO Anche nella confezione di uova acquistata al Continente di Portogruaro c’è una formazione pilifera. Ë il 31 ottobre 2000 quando un signore di Azzano Decimo trova un ordigno all’interno del guscio, guscio che è stato svuotato per inserirvi una bomboletta di ricarica del seltz, metallica, che contiene esplosivo. Nella porzione di nastro adesivo usata per assemblare l’ordigno c’è della saliva, dalla quale il Ris ha estrapolato un Dna. La tecnica è stata utilizzata per altri tre ordigni, due acquistati al Continente (i tubetti di pomodori e di maionese) e l’ultimo nella confezione di bolle di sapone comprata all’Emmezeta di Pordenone.


IL TUBO - Una formazione pilifera color marrone, lunga 9 centimetri e con radice, è presente nel tubo recuperato i. 1. novembre 2000 in un campo di San Stino di Livenza. Un tubo zincato di 138 millimetri, dal diametro di 33, le estremità chiuse con piombo fuso. Anche in questo caso vi è inserita una barra filettata, con incisioni per collocare i fili di innesco.


TUBETTO DI POMODORO - Sarà esaminato il nastro isolante trovato nel tubetto di pomodoro esploso il 6 novembre 2000 a Cordignano ferendo alla mano di Nadia Ros. Per attivarlo bastava premere la confezione, come fa la donna mentre cucina. All’interno c’era una ricarica da seltz con miscela esplosiva.


LA MAIONESE Il tubetto di maionese viene scoperto il 17 novembre 2000 a Roveredo in Piano grazie a un sott’ufficiale dell’Esercito che, prima di utilizzarlo, per prudenza lo esamina. Nota che la parte superiore è rigida e allerta i carabinieri: è un ordigno. Il reperto verrà esaminato perché contiene del nastro isolante.


BOMBA IN TRIBUNALE Le impronte degli undici indagati verranno confrontate con i rilievi dattiloscopici effettuati il 24 marzo 2003 in Tribunale a Pordenone, quando alle 12.25, nei bagni degli uomini al secondo piano, esplode una bomba. L’ordigno è nascosto dietro il pulsante dello scarico dell’acqua. Per la prima volta Unabomber usa nitroglicerina.


INGINOCCHIATOIO La nitroglicerina si trova anche nella fialetta di Paneangeli all’aroma di limone utilizzata per costruire la bomba a pressione, avvolta in nastro adesivo nero, collocata nell’imbottitura di un inginocchiatoio della chiesa di Sant’Agnese a Portogruaro. A scoprirla il 1. aprile 2004 è la donna delle pulizie, che la recupera e la consegna al parroco. Sarà adesso oggetto di incidente probatorio.


SCATOLETTA DI SGOMBRO L’11 marzo 2005 nell’orfanotrofio delle suore della Provvidenza di Slanic Moldova, in Romania, dal pacco dei viveri spediti dalla Comunità cattolica di Portogruaro c’è una scatoletta di sgombro al cui interno c’è una carica esplosiva di nitroglicerina contenuta in una fialetta di Paneangeli alla vaniglia. L’innesco è identico all’ordigno trovato nell’inginocchiatoio, il circuito elettrico è alimentato da una pila alcalina collegata a un filo in nichel-cromo-ferro. Anche questo ordigno verrà analizzato.


LA BICICLETTA Il 9 luglio 2005, in via Bellini a Portogruaro, dalla sella di una bicicletta scivola a terra un involucro di plastica da cui spuntano una batteria e dei fili. Si tratta di una scatola trasparente contenente batterie ministilo da 1,5 volt, una fialetta di Paneangeli all’aroma di alchermes piena di nitroglicerina, fili elettrici di rame e lame metalliche tenute assieme a un’altra barra metallica con del nastro adesivo che verrà analizzato con le nuove tecnologie.


COCA COLA La bottiglia bomba di Coca Cola riempita di polvere nera viene ritrovata il 28 ottobre 2007 da due cacciatori, nei campi di Zoppola vicino alla Pontebbana. Seminterrata, ricoperta da un coperchio di polistirolo, è dotata di un congegno a pressione. Ad allarmare i cacciatori sono i fili che spuntano dalla bottiglia. È l’unico dei dieci reperti per i quali non è stato indagato Elvo Zornitta, sottoposto a indagini nel 2004 per le trappole che vanno dal 21 agosto 1994 (Sacile) al 6 maggio 2006 (Caorle). Il procedimento è stato archiviato il 2 marzo 2009.
 
I REATI 
Gli unici fatti ancora perseguibili, perché non coperti dalla prescrizione, sono la bomba del 2003 in Tribunale a Pordenone, l’ordigno nell’inginocchiatoio della chiesa di Sant’Agnese di Portogruaro nel 2004, la bomba sotto il sellino della bicicletta nel luglio 2005 e la trappola esplosiva ritrovata a Zoppola nel 2007. Tuttavia il procuratore Antonio De Nicolo ha ritenuto di sottoporre alle analisi scientifiche anche reperti risalenti al 2000. Nella banca dati del Dna sono già disponibili i profili genetici di Elvo Zornitta, del fratello Galliano Zornitta e del sacilese Lorenzo Benedetti, anche quest’ultimo, come i fratelli Zornitta, indagato esclusivamente ai fini dell’incidente probatorio assieme al gemello Luigi Benedetti, che dovrà sottoporsi al test del Dna assieme ai fratelli di Fontanafredda Claudio e Dario Bulocchi, al tarcentino Luigi Favretto, ad Angelo La Sala di Lestans, a Cristiano Martelli di Azzano Decimo, a Fausto Giovanni Muccin di Casarsa e a Luigi Pilloni di Gaiarine, l’unico nominativo mai comparso nell’inchiesta sul bombarolo del Nordest. Tutti gli altri erano già stati controllati per via della loro professione (periti chimici e un saldatore, ad esempio) o sulla base di segnalazioni giunte al pool anti Unabomber (come la dimestichezza con fuochi d’artificio o petardi).
 

Ultimo aggiornamento: 13 Marzo, 14:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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