Centro per minori stranieri, Aedis vince il ricorso al Tar e potrebbe riaprire la sede di Udine

Mercoledì 15 Novembre 2023 di Camilla De Mori
Aedis

UDINE - «Se riapriremo la sede di Udine? Stiamo valutando cosa fare. Siamo stati autorizzati e in teoria potremmo riaprire con 25 posti per minori stranieri non accompagnati». Dice così Michele Lisco, il presidente di Aedis, dopo la sentenza del Tar che ha annullato l'ordinanza del Comune di Udine, con cui il 4 ottobre scorso il Municipio aveva disposto la revoca dell'autorizzazione al funzionamento rilasciata alla comunità educativo-assistenziale in viale XXIII marzo 31.

«Il provvedimento è stato cassato, lo dice la sentenza.

Io giudico molto positivamente la sentenza del Tar. Non faccio commenti, ma mi adeguo alle leggi. Ho fatto una richiesta di tutela e la legge mi ha tutelato, fra l'altro arrivando alla sentenza in tempi brevissimi. Adesso valuteremo cosa fare. Per noi si è creato anche un problema di immagine», dice Lisco. Il presidente di Aedis ricorda anche che, dopo il trasloco e lo spostamento dei ragazzi ospiti da Udine, in seguito al provvedimento del Comune, «una parte dei dipendenti sono stati messi in sospeso: si tratta di circa 8-9 lavoratori che operavano in viale XXIII Marzo. Ma abbiamo tutelato il loro stipendio».

«Adesso noi potremmo entrare nella sede di viale XXIII Marzo e mettere 24 ragazzi lì dentro, non quelli del Comune di Udine. La sentenza ha dimostrato che il provvedimento di Palazzo D'Aronco era un atto ingiusto, d'imperio, che è stato cassato al 100 per cento dal Tar. Siamo soddisfatti», aggiunge. «Il 28 agosto abbiamo mandato una Pec e abbiamo risolto il contratto di appalto. Ma altra cosa è la rinuncia alla licenza. Io ho sempre detto che non rinunciavamo alla licenza». L'autorizzazione, però, doveva essere adeguata alle nuove regole regionali. «Su questo, abbiamo seguito la procedura».

Il Tar con la sentenza depositata nei giorni scorsi ha accolto il ricorso di Aedis, che aveva impugnato l'ordinanza di revoca del Comune, disposta sul rilievo del mancato adempimento di due precedenti ordinanze comunali di febbraio e agosto 2023. Pur ritenendo infondate alcune censure sollevate dalla onlus (sull'asserita incompetenza comunale, sul fatto che il Municipio avrebbe dovuto indicare quali lavori sarebbero stati necessari per rimuovere le violazioni e sull'asserita carenza dell'istruttoria) e quindi ritenendo «complessivamente infondato» il primo motivo di ricorso, i giudici amministrativi hanno ritenuto fondato il secondo motivo, con cui la ricorrente aveva dedotto l'illegittimità del provvedimento comunale perché «non motivata da gravi ragioni idonee a giustificare la necessità di un provvedimento di revoca dell'autorizzazione». Secondo il Tar, la onlus in questo ha avuto ragione perché il 10 settembre Aedis aveva già fornito un primo riscontro formale in risposta alle richieste dell'ordinanza comunale di agosto, provvedendo al ripristino del numero massimo di ospiti, trasmettendo i documenti sugli impianti e fornendo altre precisazioni richieste. Inoltre, scrive il Tar, «il rilievo comunale dell'inadeguatezza della documentazione» «non è stato oggetto di contraddittorio procedimentale». Quanto alle asserite carenze documentali sugli impianti termosanitari, la onlus ha chiarito al Comune di non avere quelle carte, che andavano chieste all'amministrazione del condominio, ma l'amministrazione, per il Tribunale amministrativo, «è rimasta del tutto inerte e silente». Quanto alla documentazione sulle prescrizioni per la prevenzione degli incendi, poi, «le notazioni comunali sono generiche» si legge. Per questi e altri punti analizzati nella sentenza, il Tar ha ritenuto il provvedimento impugnato «illegittimo sotto il profilo della violazione del contraddittorio procedimentale» e anche «viziato di eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione», dal momento che le deduzioni di Aedis non sarebbero state «adeguatamente prese in considerazione». Per i giudici amministrativi «è risultata quindi carente da parte comunale la dimostrazione della sussistenza dei presupposti per disporre la revoca». 

Chiuso il "caso" Udine, per quanto riguarda invece la sede di Santa Caterina, a Pasian di Prato, tuttora chiusa dopo l'incendio scoppiato nella notte fra il 30 e il 31 dicembre 202 e l'inchiesta sulla morte di uno dei ragazzi ospiti, Lisco sottolinea che l'immobile «è stato dissequestrato e noi abbiamo intenzione di rimetterlo a posto perché vorremmo poter riutilizzare l'appartamento. Ma, mentre la sistemazione dei locali dipende da noi, la sistemazione del tetto va fatta dal condominio e noi non possiamo fare i lavori nelle parti interne prima che la copertura sia aggiustata. Il condominio sa aspettando i soldi dell'assicurazione». 

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