Processano solo Consoli. Ex azionisti: «Falle nell'inchiesta romana»

Venerdì 26 Luglio 2019
Processano solo Consoli. Ex azionisti: «Falle nell'inchiesta romana»

TREVISO «Il sostituto procuratore De Bortoli è come il generale romano Quinto Fabio Massimo, definito il temporeggiatore: non a caso chiede il rinvio a giudizio solo di Consoli di fronte ad elementi di prova documentali certi senza infilarsi nel rischio del cul-de-sac rappresentato da situazioni processualmente complesse per l'accusa. Ben sapendo che la verità sul disastro di Veneto Banca uscirà, ma grazie alle indagini sulla bancarotta». Sergio Calvetti, uno dei legali che rappresenta gli ex azionisti di Veneto Banca, commenta così la decisione della Procura di Treviso che, in relazione all'indagine su aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto trasferita da Roma per competenza territoriale, ha deciso di chiedere il rinvio a giudizio solo per Vincenzo Consoli. Per l'ex presidente Flavio Trinca, l'ex condirettore Mosè Faggiani e per l'ex responsabile dell'amministrazione centrale, Stefano Bertolo, c'è invece la richiesta di archiviazione. «Ho sempre pensato - spiega Calvetti - che l'indagine romana non fosse stata portata avanti nel migliore dei modi. De Bortoli, che è un pubblico ministero bravo e astuto, ha ereditato un faldone in cui evidentemente ci sono delle falle.

 
La sua decisione non mi sorprende, anzi: la Procura porta a casa un processo dove gli elementi a carico di Consoli sono solidi ben sapendo che la vera partita si giocherà a settembre, quando arriverà la decisione della Corte d'Appello di Venezia sullo stato di insolvenza».
LA RELAZIONE
Ieri si è appreso che la relazione richiesta dal tribunale lagunare, che deve esprimersi sull'opposizione alla dichiarazione di insolvenza dei colleghi di Treviso, è stata depositata e che conferma quanto si legge nella sentenza emessa nel giugno scorso dai giudici della sezione fallimentare, che è poi quello che viene ipotizzato dalla Procura. «È un ottimo segnale. Del resto il quadro è piuttosto chiaro: non solo Veneto Banca prima della liquidazione non era più un soggetto in grado di svolgere attività creditizia a causa di un patrimonio di vigilanza inferiore ai requisiti di legge. Ma è trasparente la situazione al momento della liquidazione, in cui emerge come le passività fossero nettamente superiori alle attività. Quelle delle bancarotte sarà la madre di tutte le battaglie, in cui credo torneranno in gioco anche i soggetti che al momento sono usciti dagli altri procedimenti penali, compresi componenti del cda e sindaci. Tutti quelli che, come ho denunciato io stesso in svariati esposti, hanno contribuito al dissesto anche con finanziamenti personali mai restituiti e poi chiusi con cordati al 100%».
SCELTA IMPOPOLARE
«Penso di poter dire che se De Bortoli ha deciso così significa che gli elementi giuridici ci sono tutti - è il commento di un altro dei legali degli ex azionisti, l'avvocato Luigi Fadalti - anche se posso tranquillamente affermare che si tratta di una scelta che rischia di apparire impopolare e passare per un tentativo di minimizzare il caso del crac. In una certa misura è un esito che comunque mi sorprende nel contesto di una struttura così complessa come lo era Veneto Banca: non credo possa essere sostenibile dire che le colpe non sono collettive. E comunque non è detto che il gip accolga le richieste di archiviazione». «In ogni caso - puntualizza - il vero nodo verrà al pettine con l'auspicabile sentenza della corte d'appello veneziana che ci attendiamo confermi lo stato di insolvenza. È con le bancarotte che uscirà tutto il marcio che ha portato a quel disastro e alla distruzione di miliardi di risparmi delle famiglie del territorio».
IL COORDINAMENTO
«Processano Consoli ma il vero responsabile del crac di Veneto Banca è il decreto Renzi che ha trasformato le popolari in società per azioni - sentenzia invece Andrea Arman, del coordinamento Don Torta - Certamente ci sono stati illeciti nei comportamenti dei vertici, anche se adesso alla sbarra ci andrà solo l'ex amministratore delegato. Ma il disastro di Veneto Banca ha una portata più ampia ed è una questione politica: è stato il fallimento di un modello di banca, la cui solidità è stata minata dalle regole che le sono state imposte dopo la trasformazione e che ha prodotto la corsa scellerata al collocamento azionario. Si è voluta la scalata del grande capitale ed è stato affossato un modello, quello delle piccole banche popolari che poi così piccole non erano, visto che Veneto Banca e la Popolare di Vicenza erano tra i 10 più solidi istituti di credito del Paese. Consoli deve rispondere per le responsabilità che ha, non per quelle che gli son state addossate».
Denis Barea
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Ultimo aggiornamento: 09:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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