La première al Del Monaco sul trionfo di Coppa Davis: «L'Italia può vincerla ancora»

Giovedì 12 Maggio 2022 di Mattia Zanardo
La première al Teatro Del Monaco di Treviso

TREVISO - Il racconto di una delle maggiori imprese della storia sportiva italiana. Ma soprattutto di un gruppo che, pur tra personalità forti, a volte contrastanti, e anche qualche rivalità reciproca (o forse proprio per questo), seppe creare un’alchimia particolare, tanto da diventare la squadra da battere nel tennis di quegli anni. Si intitola non a caso “Una squadra” il docufilm con Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Antonio Zugarelli, in campo, e Nicola Pietrangeli, il capitano non giocatore, gli eroi del trionfo dell’Italia in Coppa Davis nel 1976 e altre tre finali nei successivi quattro anni (1977, 1979, 1980). Dai loro ricordi, Domenico Procacci, uno dei maggiori produttori cinematografici italiani, qui anche regista, ha tratto una serie in sei episodi, in onda su Sky (tra i produttori anche Luce Cinecittà) da sabato prossimo.


I PROTAGONISTI
Ieri, però, al Teatro Del Monaco di Treviso è andata in scena una premiére di una novantina di minuti, in un evento speciale organizzato in collaborazione con l’amministrazione cittadina, CentroMarca Banca e Assindustria Venetocentro. «Treviso è ormai da diversi anni la mia città, ci vivo molto bene e per questo ho voluto fermamente tenere questa anteprima» spiega Panatta. In un montaggio sapiente di interviste ai cinque protagonisti (ma anche ad alcuni avversari o commentatori) e filmati d’epoca, ci sono le vicende sportive, le partite, le curiosità tecniche, su tutte la finalissima a Santiago del Cile. E ci sono, inevitabilmente le polemiche che la precedettero: quello era il Cile di Pinochet, al potere da pochi anni e già fautore di una sanguinosa repressione, per molti andare a giocare lì equivaleva ad accreditare la dittatura. «E non c’è solo il Cile: erano gli anni ‘70: per tanti versi bellissimi, ma anche molto difficili» afferma ancora l’ex tennista all’epoca numero 4 al mondo. Situazione purtroppo tutt’altro che lontana, come dimostra la questione dell’esclusione dei tennisti russi e bielorussi da alcuni tornei. «Ogni volta fanno errori demenziali nel prendere certe decisioni, come a Wimbledon, colpendo gli individui che non hanno colpe. C’è un russo solo che ha colpa. Tante volte purtroppo lo sport viene usato, in modo demagogic.


I RETROSCENA
Ci sono i retroscena e le dinamiche dentro e fuori del campo da gioco, con Panatta e Bertolucci, più mondani, e Barazzutti e Zugarelli, più riservati («A 21 anni erano già sposati - ride Adriano - mica era colpa nostra»). C’è soprattutto una miniera di aneddoti, in una ridda di battute a distanza degne di uno scambio serrato sotto rete. Il torneo di esibizione a Mar de la Plata in Argentina, con i due che tornano con volo privato Rio de Janeiro, poi Concorde fino a Parigi (per passare a salutare delle ragazze conosciute in precedenza), mentre Barazzutti viaggia in economy, diretto fino a Roma. Il distinto signore entrato negli spogliatoi dopo la rissa sugli spalti tra i tifosi e Panatta dopo l’ultimo match con la Spagna a Barcellona nel 1977, con “Zuga” che lo caccia sbottando: «Ma chi c… è questo?». Era il console d’Italia, venuto a rimproverarli per l’immagine offerta del paese. Davvero ha ragione Procacci quando dice «Da uomo di spettacolo, sono convito che abbiamo perso una grossa occasione: Panatta e Bertolucci sarebbero stati un grande duo comico, a livello di Cochi e Renato, o Sandra e Raimondo» (a conferma, ecco subito pronto Panatta: «E chi farebbe la Mondaini?»). Il tennis azzurro, invece, ha guadagnato grandi campioni. In 122 anni di Coppa Davis, l’Italia non ha più bissato quel successo. «Oggi abbiamo altri campioni, molto forti - replica Panatta -. I nostri ragazzi sono tra le prime due o tre squadre del mondo e potrebbero vincerla tranquillamente, se la formula non fosse cambiata: quella attuale non è più la Davis, è un’altra cosa». Punto, gioco, partita.

Ultimo aggiornamento: 09:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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