Sinner, assalto doppio: stasera contro Dimitrov può vincere per la prima volta il Miami Open e diventare numero 2 al mondo

Jannik elogia il team: «Con un tennista ormai deve esserci una grande squadra»

Domenica 31 Marzo 2024 di Vincenzo Martucci
Sinner, assalto doppio: stasera contro Dimitrov può vincere per la prima volta il Miami Open e diventare numero 2 al mondo

Nella transizione da altoatesino freddo e compassato a italiano vero, campione ed esempio, secondo la prassi social media dalle stelle alle stalle e ritorno, Jannik Sinner predica umiltà, rispetto, attenzione e lavoro.

Che, dagli US Open di settembre, gli hanno fatto vincere 20 partite su 22 negli ultimi tre mesi dell'anno scorso (2 tornei + la Davis), e 21 su 22 nei primi tre di quest'anno (2 tornei) portandolo oggi per la terza volta in finale a Miami. Con la possibilità, battendo stasera Dimitrov (diretta ore 21 su Sky, precedenti 2-1), dopo Vavassori, Griekspoor, O'Connell, Machac e Medvedev, di scalzare domani Alcaraz dal numero 2 del mondo. Nuovo record italiano, grande soddisfazione propria e bel vantaggio nelle griglie Slam.

«Cerco sempre di restare calmo», raccomanda il Profeta dai capelli rossi. «Contro Medvedev è stata una partita ottima tatticamente e mentalmente: lui all'inizio ha provato a essere molto aggressivo e poi ha provato da molto lontano, però ero pronto alle due situazioni», racconta.

CONCENTRAZIONE

«Jim Courier esalta la mia capacità di concentrazione senza passaggi a vuoto? In allenamento sono sempre serio e focalizzato sul miglioramenti perché le cose che succedono lì si ripresentano in partita. Anche se poi ognuna ha la sua storia, vediamo come va in finale», spiega.

E poi torna ad applaudire coach Simone Vagnozzi (assente a Miami), super-coach Darren Cahill, preparatore fisico Umberto Ferrara, fisioterapista Giacomo Naldi, osteopata Andrea Cipolla, mental coach Riccardo Ceccarelli, amico del cuore Alex Vittur, manager Lawrence Frankopan: «La differenza in campo la fa il giocatore ma senza una squadra dietro non va da nessuna parte».

«Sì, il tennis sta diventando uno sport di squadra», concorda coach Gipo Arbino che, dopo 18 anni, ha chiuso il sodalizio con Lorenzo Sonego. «Dipende dal livello, per Sinner e i migliori è così, e gli altri quando se lo possono permettere li imitano. Noi italiani siamo fortunati: qualche volta ci appoggiamo come tecnico a Umberto Rianna e al fisioterapista della Fit. Altrimenti, Lorenzo è andato anche da solo, poi quando ha guadagnato di più ha portato con sé anche me e poi pure il suo preparatore fisico. Le spese del coach rientrano nel contratto generale, quelle degli specialisti variano da 1500 ad anche 10mila dollari a settimana».

NARGISO

«C'è un team sempre più allargato e il tecnico suggerisce dalla tribuna, oggi più platealmente di ieri, ma il tennis rimane uno sport di situazioni che si evolvono in un secondo e mezzo. Il potere decisionale rimane del giocatore», dice Diego Nargiso, ex azzurro di Coppa Davis, oggi coach e talent tv. «Il pioniere del team completo, itinerante, è stato Ivan Lendl negli anni 80. Poi però il primo che l'ha battezzato è stato Djokovic dal 2011». E in Italia? «Riccardo Piatti, negli anni 80, al settore tecnico FIT allora a capo di Adriano Panatta, impose la presenza del professor Pino Carnovale, responsabile della preparazione atletica delle squadre nazionali. Poi, dal 2000, anche i gruppi privati hanno introdotto la figura fissa del preparatore, con Umberto Ferrara, che seguiva Cecchinato e che Vagnozzi ha portato con sé». Anche se il team personale oggi fa un po' moda coi fisio e gli ottimi professionisti ATP a disposizione dei giocatori e se il numero 1 Djokovic forse rinuncerà al coach, se Sinner predica la squadra che squadra sia.
 

Ultimo aggiornamento: 11:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA