Affitto troppo caro: il colosso Ovs lascia il centro storico

Domenica 31 Maggio 2020
Ovs pronta a chiudere il negozio in centro storico per il caro affitti
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TREVISO - La discussione andava avanti da mesi, ma negli ultimi giorni la svolta: Ovs, catena di grandi magazzini dedicati alla moda e da sempre uno dei volti del centro storico, ha comunicato ai proprietari del grande immobile che si affaccia su via Indipendenza e su via XX Settembre l'intenzione di disdire il contratto d'affitto e lasciare i locali entro la fine dell'anno. Motivo: il caro affitti. L'azienda, interpellata, si trincera dietro uno strettissimo riserbo e non rilascia alcuna informazione. Ma la notizia è certa e, in città, ha lasciato il segno.

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L'eventuale addio del colosso della moda lascerebbe un vuoto sia per quanto riguarda l'offerta commerciale della città, sia nel salotto buono del centro storico. E anche a Ca' Sugana qualcuno ha già iniziato a drizzare le antenne per capire cosa potrà accadere: «Sono convinto che, alla fine, si troverà un accordo», assicura il sindaco Mario Conte che vuole ritrovarsi con un buco nero a due passi da piazza dei Signori. Il caso Ovs ricorda molto da vicino quanto capitato con Coin, altro marchio simbolo del centro cittadino, che un anno fa ha minacciato di lasciare la sua attuale sede sempre per motivi legati all'affitto. Coin per qualche settimana cercò una sede alternativa. Poi la frattura con i proprietari dei muri si ricompose e rimase al proprio posto. Con Ovs l'orizzonte non è ancora così chiaro. Il silenzio che arriva dalla dirigenza non consente di capire se il marchio rimarrà a Treviso ma in un'altra sede o lascerà la città. Ma di certo è in atto una trattativa almeno con i proprietari degli spazi. 

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LA CRISI
L'emergenza Covid ha fatto la sua parte nella scelta di forzare la mano con la lettere di disdetta. Ovs già da tempo sta portando avanti una politica di contenimento dei canoni e qualche giorno fa, nel corso di un incontro per illustrare il rapporto di Federdistribuzione sull'impatto dell'emergenza Covid sul settore della distribuzione, l'amministratore delegato Stefano Beraldo aveva espresso concetti molti chiari. Il primo: in una crisi che ha di fatto azzerato l'export il Governo ha pensato a salvaguardare solo le piccole imprese dimenticandosi di tutti quei settori che non fossero l'alimentare. «In particolare - ha sottolineato Beraldo in quell'occasione - in tutti gli interventi normativi, i grandi assenti sono stati gli affitti che, insieme al costo del personale, rappresentano la voce più rilevante per tutti i commercianti, oltre naturalmente a quella relativa alla merce che per aziende come la mia pesano il 70% del totale sul conto economico. Il governo ha disciplinati gli affitti solo per le aziende sotto i 5 milioni di euro, tutte le altre con un fatturato più alto, che sono poi quelle che fanno più investimenti, sono state fatte fuori. Come se le aziende grandi non avessero gli stessi problemi delle piccole. Questa mancanza di intervento è gravissima perché lascia aperto il rischio di un contenzioso tra imprese e proprietà immobiliari».

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LA CONSEGUENZA
Il caso Treviso, molto probabilmente, non è pienamente collegabile a quel discorso. Già da tempo il caro affitti era diventato argomento di discussione per la sopravvivenza della sede cittadina. Ma i due mesi di chiusura hanno comunque influito, anche se la ripresa è stata molto positiva: quando la fase due è partita, il numero di scontrini è volato. Ma la questione affitti è rimasta una nota dolente. E l'amministratore delegato aveva avvisato che la chiusura di alcuni punti vendita doveva essere un'eventualità da tenere in debito conto. E sempre in occasione dell'illustrazione del rapporto di Federdistribuzione, Beraldo aveva predetto quanto oggi si sta avverando: «A questo punto, è probabile che le aziende più strutturate chiuderanno i negozi. Anche il mio gruppo chiuderà i punti vendita nel momento in cui la proprietà immobiliare non accetterà una revisione dei canoni coerente con quello che è successo.

Faremo recessi e saranno pure tanti se sarà necessario, perché questo è anche il momento in cui si deve sgonfiare la bolla immobiliare che ha distrutto il commercio del nostro Paese».

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