Chiude "La padovana", il titolare: «Ci lascio il cuore»

Domenica 29 Dicembre 2019 di Tomaso Borzomì
Fabio Calza chiude il negozio a Venezia
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«Chiudo perché devo. Qui dentro ci lascio il cuore». Un’altra saracinesca chiuderà i battenti e le parole, amare, sono quelle di Fabio Calza, titolare del negozio di calzature e accessori La Padovana, in campo Santi Filippo e Giacomo.
Il commerciante si appresta ad abbassare la serranda per l’ultima volta il prossimo marzo, dopo quasi 40 anni di scarpe vendute prima dal padre Ettore e poi da lui. Calza si dice costretto alla chiusura per colpa delle tasse e del turismo cambiato. 
Ma forse l’insostenibilità economica dell’attività deriva anche dall’assenza di residenza e dagli affitti, sempre più cari (in zona c’è chi paga anche 10-12mila euro al mese, ndr). Anche se lui non lo dice, ma, anzi, dall’altro lato afferma di essere contento: «Da quel punto di vista sono stato fortunato. Dopo di me qui aprirà un negozio, gestito da cinesi, ma non di borse a cinque euro, sarà un bel negozio, ne hanno altri in città e li ho visti», spiega.
TURISMO MORDI E FUGGI
La morsa del turismo mordi e fuggi continua a picchiare duro: «Tra la pressione fiscale troppo elevata, il calo del lavoro e l’apertura del Fontego, da quattro anni non ce la facciamo più - incalza l’uomo - Eravamo in quattro, ora siamo io, che lavoro tutti i giorni dalle 10 alle 19.30, e un una persona che viene part time tre volte a settimana».
Se una volta i fatturati erano “belli” grazie a giapponesi e americani, oggi la storia è cambiata: «Non entrano più né giapponesi né americani. In passato quando vedevano le Moreschi le mettevano in fila e le compravano tutte. Oggi se riesco ad avere cinque ingressi al giorno è tanto - continua l’esercente - Ho cercato in tutti i modi di andare avanti, ma se prima i giapponesi uscivano con quattro borse, oggi tour operator e guide li portano direttamente al Fontego». 
ACQUISTI SU INTERNET
Il tessuto cittadino ne risente. Forse a causa anche dell’e-commerce: «Sì, influisce, capita di avere persone che guardano la marca, provano la taglia, e poi vanno a comprarle sui siti». 
Calza ha 49 anni, dal ‘90 è dietro al bancone e non sa cosa farà domani: «Andare a fare il commesso da qualche parte, dopo una vita da titolare è dura. Se fossi stato padrone del fondo lo metterei in affitto, visti i prezzi che si sentono in giro, vivrei di rendita e mi avanzerebbe». 
Infine c’è l’aspetto emotivo: «Mio padre ha dato tutto, si era aperto il negozio in Ruga Rialto e faceva su e giù, poi nel ‘94 ha ceduto ed è rimasto qui. Mi piange il cuore lasciare». 
L’ultima batosta è stata l’acqua alta: «Abbiamo perso 110 paia di scarpe, computer, lucidatrice e aspirapolvere. Ma rispetto ad altri colleghi c’è andata bene». 
Il dispiacere è forte: «Tutti i centri commerciali che hanno aperto fanno chiudere anche i negozi storici, credo che a Mestre sia anche peggio». 
Poi il saluto: «Scusi eh, ma sono entrati due clienti». Di questi tempi, meglio non perderli. 
 
Ultimo aggiornamento: 16:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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