Negozi chiusi a Treviso e centri storici svuotati, il monito del docente di Ca' Foscari: «Le piccole botteghe sono un presidio sociale»

Mercoledì 26 Luglio 2023 di Paolo Calia
Negozi chiusi a Treviso e centri storici svuotati, il monito del docente di Ca' Foscari

TREVISO - Il negozio che chiude, la saracinesca che si abbassa per non rialzarsi più, entro poco tempo produce degrado e alimenta insicurezza e criminalità: «E purtroppo lo vediamo capitare anche nella nostra provincia», spiega Alessandro Minello, docente a Ca’ Foscari di Economia dei sistemi d’impresa. E rilancia: «I piccoli negozi vanno valorizzati anche come presidio sociale».

Minello da anni studia gli sviluppi del commercio e l’evoluzione dei centri storici. E negli ultimi dieci anni il cambiamento si vede. A cominciare dai numeri: nella Marca, dal 2012 al 2022, hanno chiuso circa 4mila attività commerciali, a un ritmo di 3-400 all’anno. E sono tante.


Professor Minello, i centri storici della nostra provincia dove stanno andando?
«Stanno indubbiamente mutando. Il forte aumento dei turisti, unito al calo di residenti, ha cambiato la domanda e influito anche nel commercio».


E i negozi chiudono.
«Non tutti, solo una certa tipologia. Stanno chiudendo essenzialmente i negozi più tradizionali, quelli più vicini alle esigenze dei turisti più che a quelle dei residenti. I dati ci dicono che dal 2012 a oggi sono cresciuti ristorazione, alberghi e strutture ricettive diciamo complementari. Calano invece i negozi più tradizionali, quelli legati più ai servizi».


Per sintetizzare: i turisti sono una grande risorsa, ma il loro arrivo provoca anche effetti collaterali.
«Esatto. Se il carico turistico è troppo elevato viene penalizzato il residente. Lo abbiamo già visto, per esempio, a Venezia. Per questo dico che il piccolo negozio va difeso anche considerando l’importanza del suo carico sociale».


E come lo si difende?
«I comuni dovrebbero mappare i negozi che ci sono, verificare quali sono le tipologie che mancano, quelle necessarie, e studiare una politica di incentivi o agevolazioni. Penso a Imu modulata sul fatturato, per esempio».


Ma se la domanda viene fatta dai turisti e di residenti ce ne sono sempre meno, non è un rischio puntare sui negozi più rivolti a quei pochi che ancora vivono nei centri cittadini?
«Ovviamente queste politiche non possono prescindere dai residenti. Parlando di Treviso, è da tempo che indico la necessità di trovare degli spazi immobiliari da destinare a famiglie giovani e con figli. Anche qui c’è bisogno di un aiuto. Il mercato immobiliare trevigiano è diventato ormai accessibile a pochi. I prezzi sono alle stelle e si affitta sempre meno, preferendo la locazione turistica. Ma dobbiamo scegliere se diventare una città da visitare o da vivere».


Vince chi trova l’equilibrio tra turisti e residenti.
«Turisti, residenti e chi in città ci viene invece per lavorare. La politica abitativa della città va ripensata e mirata a riportare le famiglie in centro. E con nuovi residenti arriveranno anche i negozi, diciamo, di servizio come macellerie, ortofrutta, ferramenta. Esattamente quelli che oggi fatichi a trovare».


Lei sottolinea anche il valore sociale del piccolo negozio.
«Sì, mi pare evidente. Un negozio che chiude, se non sostituito, genera degrado che poi alimenta episodi di piccola criminalità. Lo vediamo accadere tutti i giorni».


Torniamo ai negozi che chiudono: appurato che la domanda turistica sta cambiando i connotati del commercio cittadino, i motivi della crisi però devono essere anche altri.
«Fondamentale è il ricambio generazionale, la capacità di innovare il proprio prodotto e il commercio online. Facciamo un altro esempio: la ferramenta Bellieni che ha di recente chiuso in centro, lo ha fatto perché i due fratelli non hanno avuto un ricambio. E poi non hanno mai voluto aprire canali di vendita online».


È fondamentale la presenza in rete?
«Oggi sì. E Treviso è ancora indietro: solo in 15% delle attività commerciali ha un canale per le vendite online. In tante poi magari hanno anche il sito, ma non lo aggiornano. E il commercio online è fondamentale. Un dato: 10 anni fa il fatturato dell’online, in Italia, si attestava attorno ai 5 miliardi di euro. Oggi è arrivato a 50 miliardi. Ma a Treviso la tecnologia fatica a penetrare».


E il ruolo del commerciante?
«Anche questo sta cambiando. Rispetto al passato, anche nei nostri negozi, è fondamentale la formazione, imparare a comprendere verso dove sta andando il commercio e quali sono le tendenze. E per fare questo è necessario lo studio. In città ci sono anche piccoli negozi che continuano a funzionare. Sono quelli in cui sono subentrati giovani gestori che hanno portato idee nuove e al passo con i tempi».


Stanno chiudendo anche negozi con cento e più anni di storia, arrivati fino a oggi proprio per la loro capacità di innovare.
«Ecco: abituiamoci a un’altra cosa. Saranno sempre meno, per non dire che non ci saranno più, attività che arriveranno a 100 anni e più anni. I tempi sono cambiati: come si passa da un lavoro all’altro, così i prodotti del commercio varieranno. Abituiamoci».

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