Lo schianto, la morte della fidanzata, la lesione fatale alla spina dorsale: 5 anni di agonia, poi torna a casa e muore

Domenica 7 Maggio 2023
Abdessamad Fahmi

CONEGLIANO - In quel terribile frontale aveva perso la fidanzata Martina, morta sul colpo a 18 anni. E la mobilità del corpo, dal collo in giù. Per cinque anni ha lottato per un futuro il più normale possibile, anche se era rimasto paralizzato. Ma una febbre altissima se l'è portato via. Abdessamad Fahmi, 28enne di Conegliano, è morto venerdì, 5 maggio,  nel pomeriggio in Marocco, il suo paese d'origine.

Era tornato lì insieme ai genitori un mese fa per il ramadan. Ci teneva a incontrare la sorella. «Non importa quanto vivrò, voglio andare là» aveva detto agli amici e a chi lo aveva messo in guardia dai rischi del viaggio, viste le cure di cui aveva bisogno.

L'INCIDENTE
Abdessamad ha sfiorato la morte nel 2018 a Colfosco nel terribile frontale che era costato la vita alla sua ragazza, Martina De Favari, 18enne di Susegana. Era il 12 maggio del 2018, un sabato sera. La Volkswagen Polo con a bordo la coppia e altri due amici stava sfrecciando sulla Pontebbana. Al volante c'era un altro giovane marocchino. All'improvviso invade la corsia opposta e centra in pieno la Seat Altea con 5 persone a bordo. L'impatto è devastante. Martina, seduta dietro, viene sbalzata fuori e muore sul colpo. Era appena diventata maggiorenne. I due ragazzi davanti vengono estratti dalle lamiere in condizioni disperate, mentre l'amica seduta dietro se la cava con ferite più lievi, come le persone dell'altra auto. Ad Abdessamad l'urto spezza la colonna vertebrale. Un danno irreparabile: rimane tetraplegico. L'amico al volante si era ripreso dopo oltre un mese di coma e un anno dopo aveva patteggiato due anni di reclusione per omicidio colposo. «Il caso di Abdessamad è il più tragico in cui mi sia mai imbattuto» singhiozza Andrea Dan, presidente dell'associazione Manuela sicurezza stradale, che fin da subito si era preso a cuore le sorti del ragazzo. Tanto da organizzare una mobilitazione nelle ore successive all'incidente per far arrivare in Italia i genitori del ragazzo. In tanti avevano risposto all'appello, contribuendo alle spese necessarie al trasferimento. Mamma e papà avevano preso casa a Conegliano per restare accanto al figlio.


LA RIPRESA
«Per lui il corpo era diventato una gabbia. Aveva bisogno di assistenza continua: per nutrirsi, lavarsi e fare le cose più elementari ma è sempre rimasto lucido - racconta Dan -. Le cure ricevute e la vicinanza degli amici lo avevano aiutato a non arrendersi». La sua nuova vita l'aveva trascorsa da un ospedale all'altro: Treviso, Motta, Oderzo. Con la speranza di fare qualche piccolo progresso, di tornare a muovere qualche muscolo. «Ricordo che ha pianto di gioia quando, dopo anni di fisioterapia, è riuscito a toccarsi il naso» racconta Dan, sconvolto come tutti gli amici del giovane. Nella Marca aveva trovato lavoro come bracciante agricolo e anche l'amore. Si era integrato perfettamente. Poi un tragico destino gli ha portato via tutto. Tranne la voglia di vivere. La stessa che lo aveva spinto a fare un viaggio in Marocco per incontrare la sorella e trascorrere lì il ramadan. «Gli avevo sconsigliato di fare quel viaggio, purtroppo non è bastato - conclude Dan -. E ora siamo qui a piangere un bravo ragazzo, tenace, che sapeva farsi voler bene da tutti».
Mep

Ultimo aggiornamento: 14:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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