Il lungometraggio di Michela Cescon: debutto al Taormina Film Festival per l'attrice e regista trevigiana

Giovedì 1 Luglio 2021 di Chiara Pavan
Il lungometraggio di Michela Cescon: debutto al Taormina Film Festival per l'attrice e regista trevigiana

Michela Cescon si sente un po' randagia, proprio come quella lupa selvaggia che scatta verso il cielo nel murales del belga Roa al Testaccio.

Un gigantesco animale in bianco e nero che sembra accompagnare la passeggiata all'alba della rapinatrice solitaria Valeria Golino, protagonista di Occhi blu, bel debutto nel lungometraggio dell'attrice e produttrice trevigiana ospite il 1 luglio del Taormina Film Festival. «Un murales che adoro conferma Cescon quella lupa è un po' come Valeria, un po' come me e come Roma, selvaggia e randagia. E il mio film è un omaggio alla città da parte di una straniera. Il cinema in fondo è sempre stato romano, è Fellini, è la Magnani, è Sorrentino. La mia sfida era quella di guardare Roma con occhi miei, con lo sguardo di questo personaggio inafferrabile». Sono gli occhi blu di Valeria Golino, rapinatrice inafferrabile che si dilegua a gran velocità in moto tra le vie della capitale inseguita invano dalla polizia. Finché sulle sue tracce non si mette un detective francese, uno straniero dal fiuto infallibile ma dal cuore ferito.


Dopo il corto Come un soffio nel 2010, sempre con la Golino e la recente regia teatrale di La donna leopardo, arriva ora il lungometraggio. Ormai ama stare dall'altra parte.
«È vero. Non si tratta di un capriccio, ma di un percorso quasi fisiologico. Ho capito che preferisco stare dietro piuttosto che davanti alla macchina da presa».


E ha scelto un polar d'atmosfera, geometrico.
«Mi piace il genere: ha sempre le stesse pedine, non dovevo inventare niente, ma seguire i personaggi. L'attenzione verso agli spazi nasce forse dai miei tre anni ad Architettura. Parto sempre dallo spazio, che per me è più importante di quello che si dice».


Il personaggio femminile è fuori dagli schemi.
«È una donna che fugge: non è arrabbiata, non è né madre né amante, ha 50 anni e sa il fatto suo. E vuole la sua rivincita. Così, secondo me, deve essere il femminile nel 2021. Ho volutamente scelto una grande attrice come Valeria, simbolo del nostro cinema per dimostrare qualcosa di diverso. La macchina da presa la rincorre, e lei sfugge sempre».


E la Golino? Ormai vi conoscete da sempre.
«Valeria c'è sempre stata, dire amicizia è quasi riduttivo. Qui mi si è affidata totalmente, ha avuto fiducia a entrare nel mio mood. È un'attrice jazzista per me».


Cioè?
«Devi darle la libertà di improvvisare in una struttura chiusa. E lei lo fa magnificamente. Ho costruito il film su di lei: una cinquantenne che sa il fatto suo. Non poteva essere più giovane. Non sarebbe stata credibile».


Roma è un'altra protagonista del film.
«La vivo come una città metropolitana, europea, fatta di altri scorci. Mi piaceva riprendere anche luoghi iconici, come il Colosseo, ma da angolazioni diverse. E poi i tunnel delle fughe, la piramide illuminata, il murales del Testaccio. Roma è sfuggente e randagia».


Com'è nato lo spunto di Occhi blu? Lei è anche autrice di soggetto e sceneggiatura.
«Mi è venuto vedendo Drive di Nicolas Winding Refn con Ryan Gosling, altro personaggio silenzioso, cupo. Ho pensato di costruire una storia attorno a una donna simile, dalla vita solitaria ma ricca di forza. D'altra parte, che percorso può avere oggi una donna intelligente se non quello solitario?».


Come è stare dietro la macchina da presa?
«Il difficile è stare dentro i tempi. Devo ringraziare il produttore Carlo Degli Esposti che mi ha sopportato e ha supportato la mia idea. Avevo soltanto 30 giorni per le riprese. Ma l'esperienza del teatro mi ha insegnato tanto. Sapevo stare nei tempi».


Il lato positivo?
«Molto bella la ricerca dei luoghi. E poi il lavoro di squadra, che nel cinema fa la differenza. Il film è ricco di talenti, dalle musiche di Farri alla tromba di Fresu, il violoncello di Piovano, e Matteo Cocco direttore della fotogafia: tutti a disposizione della mia una visione con le loro idee. E poi ho amato girare, e capire che potevo farlo».


E lei come regista è jazz?
(risata) «Non lo so. So che lo spazio mi provoca sensazioni, mi dà reazioni. Vedo dove qualcosa stona. Per ora so solo che la regia mi piace e penso che continuerò. E poi amo il cinema che dà spazio allo spettatore, che lo spinge a immaginare. Il cinema, per me, deve un po' spostare lo sguardo, il pensiero. Per farti vedere altro. Con altri occhi appunto».

Ultimo aggiornamento: 18:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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