Alberi malati a Santa Bona, per curarli usate 4mila coccinelle "infermiere"

Mercoledì 3 Maggio 2023 di Paolo Calia
Alberi malati a Santa Bona, per curarli usate 4mila coccinelle "infermiere"

TREVISO - Le coccinelle per contrastare la temibile cocciniglia e salvare un discreto numero di alberi della città oggi in grande pericolo. Per la prima volta, l’amministrazione comunale ha scelto di mettere da parte i trattamenti chimici e utilizzare sistemi biologici per proteggere le piante. L’allarme è scatto in alcune zone ben precise, come il cimitero di Santa Bona ma anche in alcune vie del centro storico, dove sono stati notati i primi alberi in difficoltà e il timore che la malattia si diffonda è altissima.

A essere colpiti sono soprattutto i lecci, ma la malattia si potrebbe estendere anche ad altre essenze. 

Alberi malati, la preoccupazione e la cura

Da qui la decisione di fare qualcosa. L’ufficio Ambiente di Ca’ Sugana ha quindi contattato la Regione per concordare un’azione efficace e a zero impatto sull’ambiente. E la scelta è caduta su una metodologia già molto usata in agricoltura: contrastare il proliferare di larve nocive con predatori naturali. In questo caso la coccinella del pino è l’insetto ideale per la sua tendenza a predare le larve della cocciniglia. L’assessore all’Ambiente Alessandro Manera seguirà il progetto. Domani, attorno ai lecci del cimitero, verranno liberate circa 4mila coccinelle. «A Santa Bona molti lecci sono infestati dalla cocciniglia, che se non curata potrebbe causarne la morte - spiega Manera - Si tratta di alberi presenti nelle vie Filzi, Chiesa, Giacomelli, Pastro, San Nicolò, delle Absidi, Borgo Cavour e al cimitero. In accordo con la Regione, abbiamo deciso di contrastare l’infezione con le coccinelle del pino, innocue per l’uomo. In questo modo attiviamo una lotta biologica all’insetto infestante, senza l’uso della chimica. Giovedì (domani ndr) perciò rilasceremo 4mila coccinelle nel cimitero di Santa Bona, attorno agli alberi. Le coccinelle mangeranno anche altre cocciniglie dannose presenti sulle piante dei giardini privati o altri parassiti come i pidocchi delle rose». La via della controffensiva biologica si è giudicata la migliore: «Il vero problema - osserva Manera - è che ci sono sempre più specie non autoctone anche tra gli insetti. E in molti casi i trattamenti chimici tradizionali non funzionano. Ci siamo quindi consultati con gli uffici regionali e abbiamo deciso di utilizzare un sistema già visto altre volte in agricoltura per proteggere piante e coltivazioni. La scelta bio ha dei vantaggi evidenti: al di là del risultato di debellare le larve infestanti, non ha conseguenze di alcun tipo su alberi, piante e l’ambiente circostante».

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