Il parroco di Gloria, la trevigiana morta con il suicidio assistito: «Ho pregato per lei e non la giudico»

Mercoledì 26 Luglio 2023 di Paolo Calia
Il parroco di Gloria, la trevigiana morta con il suicidio assistito: «Ho pregato per lei e non la giudico»

TREVISO - «Io sono un prete di campagna, non giudico le scelte personali. Prego per tutti». Parla con voce calma e pacata, consapevole che in questo mondo troppe sono le cose incontrollabili. È il parroco che, nelle ultime settimane, ha seguito la traiettoria di vita di Gloria, la signora di 78 anni, che ha scelto di porre fine alle proprie sofferenze attraverso il "suicidio assistito". Non è stato semplice per un parroco affrontare un caso del genere. Gloria (nome di fantasia), residente di un comune della cintura urbana trevigiana, ammalata di un male incurabile e condannata a una fine tra mille sofferenze, è stata la prima persona in Italia ad aver ottenuto il farmaco e tutto il necessario per la somministrazione direttamente dall'azienda sanitaria. Il suicidio assistito, fino a oggi, era stato autorizzato solo per un altro malato. "Mario" residente nelle Marche. In quel caso però l'azienda sanitaria non venne autorizzata a fornire nulla, Mario dovette comprarsi tutto. Gloria ha quindi assunto da sola il farmaco arrivato gratuitamente, nella propria abitazione, alle 10,25 di sabato scorso. Ad assisterla fino all'ultimo il marito e il medico Mario Riccio, consigliere generale dell'associazione Coscioni che nel 2006 aveva già assistito Piergiorgio Welby.


LA PREPARAZIONE
Nei giorni precedenti alla data fatidica, Gloria aveva parlato con tutti, compreso il parroco: «Non posso e non voglio dire niente sulla signora - spiega il sacerdote - ognuno agisce in base alla propria coscienza e solo Dio conosce le coscienze di tutti. Io sono solo un prete di una parrocchia di provincia. E prego, indistintamente, per tutti». In paese non tutti sono consapevoli di quanto è accaduto. Il nome di fantasia è stato concordato con l'associazione Coscioni, che ha seguito e aiutato Gloria in ogni passaggio. La discrezione è stata massima, anche per rispettare le volontà della diretta interessata e del marito. E tanti compaesani al di fuori della stretta cerchia dei familiari e degli amici più cari, hanno saputo del suo decesso ma non sanno ancora che la loro Gloria ha scritto una pagina comunque importante nella storia dei diritti in Italia. E chi sa, come il parroco, intende rispettare le volontà di chi ha preso una decisione così grande.
Sposati da tempo, lei e suo marito non hanno figli ma nella loro comunità sono molto conosciuti.

Gloria ha mandato avanti un negozio di tappezzeria proprio nel cuore del paese. Lo ha chiuso una quindicina di anni fa, quando è andata in pensione. Ha sempre vissuto nello stesso posto, in una palazzina poco lontana dal centro. «La sua è una delle famiglie storiche», sottolinea il sindaco. Qualche anno dopo la pensione, la scoperta del male. Poi l'avanzare della malattia. Inarrestabile. E la decisione. Inizialmente Gloria voleva andare in Svizzera. Poi ha incontrato l'Associazione Coscioni che da anni si batte per il fine vita e ha intrapreso il rigoroso iter burocratico culminato col parere favorevole al suicidio assistito da parte del comitato etico e dell'azienda sanitaria. Il tutto nel massimo riserbo. Anche chi abita negli appartamenti accanto a quello di Gloria e suo marito ha capito poco di quanto stava accadendo a pochi passi da loro.


LE CONSEGUENZE
Il gesto di Gloria ha aperto una strada. Ci sono altre due persone, in lotta con mali irreversibili, ad essere nella condizione di potersi infliggere, quando lo riterranno, la morte volontaria. Si tratta di "Antonio", un 44enne tetraplegico del Fermano, e Stefano Gheller, un vicentino affetto da distrofia muscolare, che ha rotto per primo in Veneto il tabù dell'autodeterminazione al fine-vita. Entrambi si sono presi il tempo per decidere, se e quando, porre fine alla sofferenza.

Ultimo aggiornamento: 15:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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