Cecchettin a Treviso: «Questa è la mia Giulia»

Gino Cecchettin ieri a Treviso per presentare la lettera scritta a sua figlia uccisa dall’ex: «Sogno quella notte, io che vado a salvarla»

Martedì 19 Marzo 2024 di Elena Filini
Gino Cecchettin al Pio X a Treviso

TREVISO – «Il sogno ricorrente è che mi sveglio alle due di notte, vado in zona industriale a Fossò la carico e la salvo». Moltissimi genitori, poi giovani, quasi coetanei di Giulia. In tantissimi con il libro tra le mani. Leggono e attendono l’arrivo di Gino Cecchettin per il racconto di “Cara Giulia”, la lettera che un padre mai vorrebbe scrivere alla propria figlia. Niente domande, nessun selfie, il rigoroso e opportuno divieto di ogni spettacolarizzazione. Perchè se passano le settimane e i mesi, il dolore non passa. All'appuntamento trevigiano al Pio X organizzato da Serafino Pitingaro presidente dell'Associazione Duemila insieme a Ubik Treviso hanno risposto 300 persone (sui 500 posti disponibili) che scattano in piedi in un lunghissimo applauso appena un quasi sorpreso Gino Cecchettin guadagna il palco.

AMORE E DOLORE

L'esordio è la lettura delle prime due pagine del libro. «Il vero amore non è né fisico né romantico-ripete il padre di Giulia- il vero amore è l'accettazione di tutto ciò che è, è stato e sarà». Gino Cecchettin racconta che ha iniziato a tenere un diario dopo la scomparsa della moglie Monica, per fermare in pagina il suo dolore. E il tentativo di questo dialogo in assenza riprende con la scomparsa di Giulia. «In quei momenti ti sembra che il mondo ti cada addosso. Non è vero che sono forte, ho sofferto e sto soffrendo le pene dell'inferno. Sono però anche un essere razionale e quello che mi faceva stare bene era raccontare». Nasce così il libro, con il desiderio di fare un punto nell'esistenza. «Una malattia posso comprendere, ma quello che è successo a Giulia è un po' più difficile da accettare. E ho pensato: io non sono stato fortunato ma magari questi pensieri possono essere utili a qualcun altro». Ecco il ritratto di Giulia. «L'ho sempre definita la figlia perfetta, sembrava impossibile trovarle un difetto. E volevo creare qualcosa a ricordo di questo essere meraviglioso. Mia figlia mi ha trasmesso l'amore essenziale».

IL BLACK OUT

Poi il black-out con la scomparsa, l'attesa, l'illusione e la disillusione. A una settimana dal funerale di Giulia arriva la telefonata di Mattarella. «Ti ho chiamato ora- mi ha detto il Presidente- perchè so che da adesso in poi è un momento critico. Ero molto agitato, lui aveva ragione». Ma il telefono ha squillato un’altra volta. Ed era Bergoglio. «Con Papa Francesco è stato diverso, ero un po’ in imbarazzo perchè non sono molto religioso ma il trait d'union è stato il cardinale Zuppi, ed è stato lui a convincermi a fare il libro. Lui è stato perentorio sul libro. E poi mi ha detto: se domani vedi il mio numero rispondi. E' stata una telefonata brevissima, ma mi ha fatto sentire sostenuto in profondità. Mi ha chiesto anche di pregare per lui, e io con un po’ di imbarazzo ho risposto.. a modo mio lo farò». I momenti duri sono arrivati anche dopo e per motivi diversi. Perchè Gino, ad un certo punto, è stato bersaglio dei social. Ma è arrivata una lunga giornata in montagna con il parroco di Vigonovo, gran rocciatore. «La giornata è stata un po’ metafora della vita: sui colli del Pasubio all'inizio di dicembre, faceva un freddo pazzesco. Stavo male, avevo dormito due ore. E’ stata dura, stavo per mollare. Poi, d’improvviso ci siamo seduti al sole. Ed era come se il parroco mi volesse dire: abbi fiducia che anche nella vita continuerai questo passo e arriverai a rivedere il sole. E questa è una delle mie speranze». Dentro le pagine di questa lettera ci sono anche dei rimorsi. «Mi ritrovo nella posizione in cui a due persone non posso più dire nulla: e penso di non essere riuscito a dire tutto quello che non potevo dire. La vita è tanto veloce, si vive col pilota automatico. Poi cosa fai quando di vita non ne hai più? E questo per me è un grande dolore».

ELENA

Gino Cecchettin spiega anche le grandi discussioni con sua figlia Elena sul termine “patriarcato”. «Questo mi ha aperto gli occhi, non avevo mai letto quello che era accaduto a mia figlia da questo punto di vista. Ed è stato questo a dare una svolta alla mia percezione del femminicidio, letto sempre come un capitolo estremo di una società in qualche modo marginale. Da cui io mi sentivo immune». Controlla la voce, riesce anche a tratti a sorridere, anche se il tono più spesso si incrina. Gino Cecchettin è l'immagine della sobrietà, ma anche della caparbietà. «Tutto è un dono di Giulia, tutto quello che mi sta succedendo è un dono suo. Quello che è successo dopo, le telefonate ai numeri rosa, le denunce, sono un dono di Giulia. Quello che faremo, l'aiuto che presteremo è ancora un dono di mia figlia».

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