Rubens confessa il prestito a tasso da usura e chiede scusa alla vittima

Giovedì 25 Luglio 2019
Rubens Pizzo
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ROVIGO - Una parziale ammissione dietro la fine degli arresti domiciliari: a spingere il giudice per le indagini preliminari Silvia Varotto ad alleggerire la misura cautelare nei confronti di Rubens Pizzo, che proprio oggi compie 45 anni, ci sarebbe infatti quella che viene definita “resipiscenza”, ovvero il riconoscimento dell’errore. Pizzo avrebbe anche inviato una lettera di scuse alla vittima, quella che nelle intercettazioni telefoniche compariva con il soprannome di “Sabrina”, una giovane donna di origini cinesi, C.Y., amministratrice di fatto di un’impresa di Bologna. E’ a lei, infatti, che secondo l’accusa avrebbe prestato 60mila euro nel giugno di un anno fa, chiedendone indietro il doppio in 8 mesi. La ricostruzione difensiva era sempre stata di una sostanziale coincidenza della somma prestata, 120mila euro, con quella richiesta indietro.
PARZIALE AMMISSIONE
L’ammontare del prestito non è stato oggetto di dichiarazioni confessorie da parte di Pizzo, che tuttavia avrebbe in qualche modo ammesso di aver praticato un interesse superiore a quelli consentiti. Oltre a questo, avrebbe offerto 5mila euro di risarcimento alla vittima e avrebbe manifestato la volontà di scegliere un rito alternativo, come il patteggiamento o l’abbreviato. 
OBBLIGO DI DIMORA
Una serie di comportamenti che, seppur arrivati una settimana fa, dopo la chiusura delle indagini, avrebbero spinto il giudice per le indagini preliminari a ritenere attenuate le esigenze cautelari, disponendo quindi nei suoi confronti l’obbligo di dimora a Rovigo, con il divieto di uscire di casa dalle 23 alle 7.  
INDAGINI DEI CARABINIERI
Sostanzialmente per queste stesse motivazioni erano stati revocati, a maggio, anche gli arresti domiciliari nei confronti dell’altro indagato, il 52enne di Goro Pietro Gianella, imprenditore nel settore ittico, arrestato 16 marzo scorso dai carabinieri del Nucleo investigativo guidati dal maggiore Nicola Di Gesare, così come Pizzo, sempre per l’ipotesi di reato di usura, anche se per fatti non direttamente collegati.
SOFFOCATI DAGLI INTERESSI
Il cuore di tutta l’inchiesta, battezzata “Costrictor” come il serpente boa che soffoca le proprie vittime, sarebbe tuttavia Jin Changlou, un cinese che è al momento uccel di bosco. Il suo viavai fra l’Italia e la Cina, infatti, si sarebbe non casualmente interrotto e risulta irreperibile. Gianella già ad aprile avrebbe sostanzialmente ammesso di essere stato un intermediario fra il cinese ed i due commercianti di frutta e verdura, padre e figlio, che hanno poi rotto il velo di silenzio, denunciando tutto ai carabinieri di Adria, nel giugno dello scorso anno, e dando avvio alle indagini coordinate dal sostituto procuratore Sabrina Duò. Il 18 giugno la Cassazione ha in parte accolto il ricorso presentato dai difensori di Pizzo, gli avvocati Dania Pellegrinelli e Michele Brusaferro, annullando con rinvio l’ordinanza del Riesame di Venezia, limitatamente all’aggravante di aver commesso il fatto “in danno di chi svolge attività imprenditoriale”.
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