Rovigo. Usava i fondi Covid ricevuti per scommettere al Bingo: condannato, dovrà restituire tutto

Mercoledì 14 Febbraio 2024 di Francesco Campi
Rovigo. Usava i fondi Covid ricevuti per scommettere al Bingo: condannato, dovrà restituire tutto

ROVIGO - Ha speso 1.730 euro per 11 scommesse alla sala Bingo di Rovigo e prelevato 6.970 euro in contanti agli sportelli bancomat per “spese personali”, destinando alla propria attività solo 2.850 degli 11.500 euro del finanziamento che aveva ottenuto secondo quanto previsto dai provvedimenti emergenziali durante la pandemia e, in particolare, dal “Decreto liquidità” del giugno 2020: per questo è stato condannato dalla Corte dei Conti a ripagare quei soldi non investiti nella sua impresa. Il finanziamento, della durata di 60 mesi, era stato concesso alla sua ditta di servizi per auto e versato sullo specifico conto corrente nell’aprile 2021, con una garanzia pubblica all’80% del Fondo di garanzia per le Pmi costituito presso il Mediocredito Centrale. Tuttavia le modalità di utilizzo del sostegno, sulla base di quanto emerso dalle indagini svolte dal Nucleo operativo della Guardia di Finanza di Rovigo, sono state ritenute dalla Sezione giurisdizionale per il Veneto della Corte dei Conti in contrasto con lo scopo per il quale era stato erogato, ovvero «di assicurare liquidità alle imprese italiane colpite dall’epidemia Covid-19». E così, il 52enne di Arquà beneficiario del finanziamento è stato condannato a risarcire una somma di 8.700 euro, oltre alle rivalutazioni ed al pagamento delle spese, alla Banca del Mezzogiorno Mediocredito Centrale.

CASO EMBLEMATICO

Un caso emblematico, non il primo, come si legge nella sentenza, nella quale si fa riferimento anche a uno specifico pronunciamento della Cassazione su un caso analogo. La questione, infatti, non è banale e riguarda l’utilizzo personale di un finanziamento richiesto a una banca privata che per la forma di garanzia diretta prestata viene considerato vincolato ad uno scopo. Tali finanziamenti, si spiega, «ancorché concessi sulla base di contratti civilistici, integrano una forma di intervento pubblico nell’economia vincolata alla realizzazione dello scopo di sostegno per le imprese in crisi di liquidità per effetto della pandemia». Per questo, come si legge nello stralcio del pronunciamento delle Sezioni unite della Cassazione riportato nella sentenza della Corte dei Conti, «in tema di danno erariale, è configurabile un rapporto di servizio tra la Pubblica amministrazione erogatrice di un contributo ed i soggetti privati i quali, disponendo della somma erogata in modo diverso da quello preventivato o ponendo in essere i presupposti per la sua illegittima percezione, abbiano frustrato lo scopo perseguito dall’Amministrazione, distogliendo le risorse conseguite dalle finalità cui erano preordinate: pertanto, il percettore del finanziamento risponde per danno erariale innanzi alla Corte dei Conti, qualora, disponendo della somma in modo diverso da quello programmato, frustri lo scopo perseguito dall’ente pubblico».

«ESIGENZE PERSONALI»

Da parte sua, il 52enne arquatese non ha presentato memorie, né si è costituito in giudizio. E, quando è stato interrogato dalla Finanza, ha pacificamente ammesso - si riporta sempre negli atti - «che i prelievi operati, pari ad 6.970 euro sono stati utilizzati per esigenze personali, così come i pagamenti pari a 1.730 euro». Questi ultimi constano di 11 operazioni pagobancomat eseguite presso il centro scommesse della sala Bingo di Rovigo. Alla luce di questo, il 14 gennaio 2023 la Procura erariale gli ha notificato un invito a dedurre, ma limprenditore non ha depositato controdeduzioni, né ha chiesto di essere sentito. Così come non è comparso all’udienza dell’11 ottobre scorso, al termine della quale è arrivata la condanna nei suoi confronti. Una sentenza che, come tutte le sentenze di primo grado, prevede la possibilità di essere impugnata in appello.
 

Ultimo aggiornamento: 18:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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