Ci sono le sue impronte digitali sul borsone con 17 chili di marijuana, ma il Riesame lo scarcera

Annullata la misura cautelare in carcere per l’albanese Tonin Ndoci

Martedì 26 Settembre 2023 di C.A.
Ci sono le sue impronte digitali sul borsone con 17 chili di marijuana, ma il Riesame lo scarcera

ROVEREDO - L’impronta digitale sul sacco nero di plastica in cui erano stati sistemati i 17,590 chilogrammi di marijuana, sequestrati il 2 marzo 2022 in una cantina di via Feltre a Pordenone, appartiene sì a Tonin Ndoci, ma non dimostra che il trentenne di Roveredo in Piano, originario dell’Albania, abbia a che fare con un grosso quantitativo di stupefacente.

Il Tribunale del Riesame di Trieste ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa a metà settembre dal Gip del Tribunale di Pordenone alla luce dei nuovi riscontri investigativi dei carabinieri della sezione antidroga del Comando provinciale di Pordenone. È la seconda volta che i giudici del Tribunale di Trieste revocano una misura emessa nei confronti di Ndoci nell’ambito di quest’inchiesta. «Il mio assistito - ha specificato l’avvocato Guido Galletti - non c’entra con questa vicenda. Ha sempre negato di aver avuto a che fare con quel borsone».


LA DROGA
Il borsone era stato individuato dai carabinieri del Norm di Pordenone nella cantina di una palazzina. Avevano installato delle fototrappole che avevano portato all’identificazione di Demiam Dervishaj e Filippo Lacchin, che la scorsa settimana hanno chiuso la vicenda giudiziaria con una condanna a 2 anni e 8 mesi (pena scontata di un terzo per via del rito a cui sono stati ammessi). Accertamenti, intercettazioni, ricostruzioni e dichiarazioni di un’indagata avevano fatto pensare che la marijuana appartenesse a Ndoci. Ma poi tutto ha cominciato a ingarbugliarsi, a cominciare da una chiamata in correità che non si è più rivelata tale.


IL RIS
L’ultimo passaggio dell’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Monica Carraturo, si compie nei laboratori del Ris di Parma, dove viene individuata un’impronta digitale di Ndoci in sacco di nero plastica, di quelli usati per le immondizie. Sopra vi è anche un’impronta di Dervishaj. Quel sacco è stato utilizzato per avvolgere gli altri due sacchetti di marijuana trovati nel borsone nascosto in cantina. Il fatto che alcuni testimoni indicassero Ndoci come un personaggio che agisce dietro le quinte, servendosi di altre persone per le operazioni più rischiose, ha indotto gli inquirente a sospettare che fosse coinvolto nella detenzione del 17 chilogrammi di marijuana.


LA DIFESA
L’avvocato Galletti contesta la ricostruzione. Ai giudici del Riesame ha ricordato che le fototrappole non hanno mai evidenziato la presenza di Ndoci nello scantinato in cui c’era la droga; che le testimonianze non attribuiscono un coinvolgimento nella partita di droga; infine, che lo stesso Ndoci ha riferito durante l’interrogatorio di garanzia che quel sacco era nella sua auto e che era stato lo stesso Dervishaj a prenderlo. Secondo il Riesame, gli indizi sono deboli e Ndoci va subito scarcerato. Resta comunque in carcere perché si trova sottoposto un’altra misura cautelare per droga: a ottobre quest’ultimo caso sarà discusso in udienza preliminare.

Ultimo aggiornamento: 13:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci