Lavoro, l'incubo è arrivato: il 65% degli addetti è già in cassa, a Pordenone la situazione peggiore

Giovedì 6 Ottobre 2022 di M.A.
Lavoro in fabbrica
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Nemmeno pochi giorni dalla pubblicazione, e i rapporti che indicavano uno stato occupazionale ottimo nella nostra regione sono già vecchi. Quelli della Cisl sono dati “freschi”, indicativi del tempo presente. E il quadro è opposto: più di ottomila lavoratori sono già vittime della crisi.

E c’è un territorio - quello pordenonese - in cui la spia dell’allarme è già di colore rosso. 


IL QUADRO


Il dipartimento industria del sindacato ha lavorato prendendo un campione di 64 realtà regionali. Alla fine della rilevazione, è stato appurato come siano 8.429 i lavoratori interessati da percorsi di crisi. Il tutto su una platea di 12.997 dipendenti. Un dato che fa riflettere soprattutto se comparato a quello dello stesso periodo pre-Covid, quando le aziende in crisi risultavano 80, ma i lavoratori in difficoltà 7.698 sui 12.165 totali, quindi al di sotto di quelli attuali. Se la mancanza di ordinativi e le crisi di settori rappresentano cause ugualmente pesanti, riguardando rispettivamente 17 e 15 realtà industriali, il caro-energia va ad aggiungere un carico di tensione, con 25 realtà industriali che denunciano la difficoltà di sostenere i costi di gas e luce. 


I SETTORI


A pagare il conto più alto, sotto il profilo dell’occupazione, sono anche oggi le aziende metalmeccaniche del Friuli Venezia Giulia, che registrano 2.865 lavoratori in difficoltà sui 4.987 impiegati nelle imprese considerate. Numeri che arrivano a 3.318 se si sommano anche gli addetti della siderurgia. Seguono a distanza i comparti del legno (1.231), delle telecomunicazioni (385) e i cartai (785), i più colpiti dalla crisi energetica. Resta alta anche l’attenzione sul settore della chimica, e soprattutto delle aziende che si occupano della seconda lavorazione del vetro. Su nove aziende in difficoltà mappate, sei hanno già attivato percorsi di crisi, mentre le altre stanno in questi giorni valutando la possibilità di modificare gli orari e turni di lavoro per resistere al caro-bollette.


DISTRIBUZIONE


Quanto ai territori in sofferenza, se nel periodo pre-Covid era la provincia di Udine a pagare il prezzo più alto con 33 imprese su 80 in crisi, l’ultimo monitoraggio del Dipartimento Industria della Cisl vede un ribaltamento, con Pordenone, che di gran lunga sugli altri territori, segna il record peggiore, sia per numero di aziende coinvolte (23), sia per numero di lavoratori inseriti in percorsi di crisi, vale a dire 3.476, seguiti dai 2.438 dell’Alto Friuli, dai 1.362 di Trieste e Gorizia, dai 738 di Udine e dai 415 addetti di aziende considerate regionali.
«Quello che ci preoccupa maggiormente ad oggi – spiega Cristiano Pizzo – è il quadro di prospettiva, con il caro-bollette che sta mettendo in ginocchio lavoratori, imprese e famiglie. Occorre, dunque, anche una nuova politica energetica comunitaria ponendo un tetto al prezzo del gas, ma sul piano nazionale bisogna, attraverso il confronto con le parti sociali, abbattere subito le accise su tutti i prodotti energetici e mettere in campo una nuova strategia che incrementi la produzione domestica di gas, puntando su combustibili verdi, diversificazione degli approvvigionamenti, economie circolari, efficienza. Parallelamente anche la Regione deve accelerare l’iter della legge sulla transizione ecologica, per garantire una maggiore al Friuli Venezia Giulia di poter affrontare con meno apprensione il futuro». 

Ultimo aggiornamento: 17:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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