Non è un modo per ridimensionare l’allarme.
I NUMERI
Da un mese esatto i ricoveri sono stabili. Oscillano a volte di due-tre pazienti. Raramente si assiste a scostamenti più consistenti. E tutto questo a fronte di un livello di contagio che per tre settimane è rimasto costante e molto alto ma che nell’ultima settimana ha visto un’impennata causata dall’ingresso sul territorio del ceppo Omicron.
Nel dettaglio, il 29 novembre la situazione si presentava così: in Terapia intensiva c’erano 25 malati gravi, mentre in Medicina i degenti Covid erano 291. I tassi di occupazione erano rispettivamente al 14,3 e al 22,8 per cento. L’incidenza dei contagi sui 100mila abitanti era a quota 341 casi, comunque la più alta del Paese. Un mese dopo, cioè nel bollettino di ieri, la situazione è apparsa sostanzialmente immutata tranne che per un dato, quello dell’incidenza, che a causa dell’esplosione di Omicron è passata a 507 casi su 100mila abitanti. Il livello di pressione sugli ospedali invece è lo stesso: in Rianimazione ci sono 27 persone (occupazione al 15,4 per cento) e nelle Medicine 278 pazienti (saturazione al 21,8 per cento).
LA SPIEGAZIONE
«La diga dei vaccini in questo periodo ha retto bene», è l’analisi del professor Fabio Barbone, epidemiologo e coordinatore medico della task force regionale che lotta contro il Covid. Il merito è quindi dell’alta penetrazione della campagna vaccinale, che ha permesso al virus di non causare grossi danni laddove ha trovato vasti gruppi di cittadini immunizzati, i quali magari si sono infettati lo stesso, senza però sviluppare sintomi tali da richiedere l’accesso negli ospedali. Ma il futuro rimane un’incognita, perché su Omicron e sulla sua reale pericolosità i dati sono ancora pochi. «Dobbiamo attendere due settimane - ha spiegato ancora l’epidemiologo Barbone - per vedere l’impatto del ceppo mutato sulle strutture sanitarie. Il rischio è quello che i numeri del contagio si vadano ampliando talmente tanto da rendere lo stesso difficile la situazione». Sta di fatto che però per ora il Friuli Venezia Giulia vive da trenta giorni con una condizione stabile in corsia, dopo un periodo in cui tra manifestazioni no-vax e rialzo dei contagi si era temuto anche l’ingresso in zona arancione.