Covid, due anni dopo la prima ordinanza. Fedriga: «Fontana mi telefonò, mi disse di salvare il Friuli»

Martedì 22 Febbraio 2022 di Marco Agrusti
Il presidente del Fvg, Massimiliano Fedriga
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«Presidente, la mia regione è nel caos. Mi mancano posti letto. Lavora in anticipo per salvare almeno la tua». La voce, impaurita, è quella di Attilio Fontana, governatore della Lombardia. All’altro capo del telefono c’è Massimiliano Fedriga. È il 22 febbraio di due anni fa e quel giorno Fedriga prende in mano penna più pesante del suo mandato e - 24 ore dopo - per firmare la prima ordinanza.

Scuole e università chiuse, come i teatri e le discoteche. Addio anche alle gite. In Friuli Venezia Giulia non c’è ancora il primo contagio accertato - arriverà il 29 febbraio - ma Fedriga decide di fare qualcosa che nessuno si aspettava: chiudere prima degli altri. «Ho pensato ai miei figli - racconta oggi -: li avrei mandati a scuola in quella situazione? Mi sono risposto che non l’avrei fatto». E da quell’istinto di padre è partita l’ordinanza. 


INCERTEZZA


«Il 23 febbraio 2020 prendemmo una decisione coraggiosa - sottolinea Fedriga - chiudendo le scuole anche senza casi confermati. Scegliemmo basandoci su buon senso e prudenza e fummo in grado di prepararci meglio all’arrivo della prima ondata. Abbiamo cercato di mettere sempre al primo posto la salute dei cittadini. Siamo stati affrontati da un virus sconosciuto a tutto il mondo, quindi è inevitabile che ci siano stati degli errori. Un conto - specifica il presidente del Fvg - è affrontare un terremoto o una alluvione. Sono eventi estremi e drammatici, ma conosciuti. Due anni fa invece eravamo di fronte a un nemico sconosciuto. Avevamo sempre il 50 per cento di possibilità di sbagliare». E infatti, le critiche sono arrivate subito dopo la firma di quell’ordinanza: «Fedriga, riapra subito le scuole», gridavano genitori e comitati. «Ma ricordo - prosegue sempre il presidente - che sono stato criticato sia quando ho chiuso che quando ho riaperto. Le critiche sono arrivate lo stesso. Oggi voglio solo ripetere per l’ennesima volta che nessuno si è mai divertito a chiudere. Abbiamo messo in cima alle nostre preoccupazioni la salute dei cittadini. Non abbiamo mai usato la pandemia per fini politici, anche se sarebbe stato facile». 


LA FATICA


Ventiquattro mesi dopo, la parola Covid non è sparita come si pensava potesse accadere dopo il lockdown duro della primavera 2020. Il virus detta ancora la linea politica dei decisori. E oggi il vocabolo più pronunciato è certamente Green pass. «È veramente surreale - spiega Fedriga a due anni dal primo allarme - un racconto fatto evidentemente per speculazione politica in cui si afferma che le Regioni sono innamorate del Green pass e non vorranno più lasciarlo perché è uno strumento di controllo dei cittadini. È una follia. Una follia pericolosa. Il Green pass è uno strumento provvisorio, prima lo togliamo e prima siamo tutti contenti. È chiaro che se la situazione migliorerà, nessuno metterà i bastoni fra le ruote per farlo. Nessuno ne è innamorato a prescindere, né il presidente del Consiglio Mario Draghi né le Regioni. Pensiamo che il certificato verde, se la situazione continuerà a migliorare, potrà essere superato. Il nostro obiettivo è quello». 


I VACCINI


Il momento più bello degli ultimi due anni di pandemia è stato senz’altro quello legato all’arrivo dei primi vaccini, a fine dicembre del 2020. Ora si parla già della possibilità - in autunno - di dover somministrare una quarta dose a tutta la popolazione, dopo aver affrontato la tematica dei pazienti fragili, a cui il booster arriverà molto più presto. «Noi siamo pronti per la quarta dose per persone estremamente fragili e immunodepresse. Noi siamo pronti come lo eravamo per la terza dose quando nessuno ce l’aveva chiesto - ha affermato ancora Fedriga a margine di un incontro a Trieste -. Mi auguro che la ricerca che sta venendo avanti con vaccini specifici - ha aggiunto - anche su possibili varianti, possa portare nel più breve tempo possibile a dei frutti». 

Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 09:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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