Coronavirus e spopolamento della montagna, l'osteria Lorenzini resiste all'urto: «Sono rimasto solo io»

Sabato 3 Ottobre 2020 di Susanna Salvador
L'ingresso dell'osteria Lorenzini a Vito d'Asio
PORDENONE - Si contano sulle dita di una mano i pordenonesi amanti della Val d’Arzino che non conoscono l’osteria Lorenzini. Lungo la strada che porta allo spettacolare Cerdevol Curnila, luogo magico di acque verdi - blu e rocce bianche, la trattoria è sempre stata un punto fermo per una pausa caffè o per un prnzo a base di carne alla griglia con polenta. Ma il tempo cambia tutto e Alfredo Lorenzini, 62 anni, è rimasto solo dietro il vecchio bancone che negli anni è rimasto lo stesso. Il fratello con il quale gestiva l’osteria è morto e la mamma, che molti ricordano mentre in friulano esortava i figli a servire velocemente i clienti, è ricoverata in ospedale.

«Sono rimasto solo io - racconta, felice di poter parlare con qualcuno -. Tengo aperto solo qualche ora il pomeriggio perchè non posso prendere un aiutante». I costi sono tanti e le entrate poche in questo piccolo mondo dove il tempo sembra essersi fermato. Il locale lo aveva aperto il padre per tenere unita la famiglia, così è stato per lunghi anni. «In via Regina Margherita (dove si affaccia la trattoria) eravamo in sessanta, ora siamo rimasti in 18 - prosegue cercando di trovare le parole per raccontare una vallata che come tante altre sta morendo di solitudine -. E a Pielungo saranno 8,9».

Guardando il paesaggio mozzafiato Val d’Arzino riesce difficile comprendere come mai il turismo non aiuti questa terra a rivivere. «Qui non siamo come in Val Tramontina - spiega Lorenzini con amarezza -, qui è diverso. Non abbiamo impianti telefonici, non abbiamo servizi. Mancano posti dove dormire e così anche quelli che vengono per fare canyoning non sanno come sistemarsi. Non c’è nemmeno un campeggio». E sì che questa estate la vallata era meta di tanti turisti che hanno riscoperto la montagna vicina a casa. «Ci vorrebbero contributi per convincere i giovani a rimanere - conclude il 62enne -. Diverse famiglie hanno ristrutturato le case, ma quando i genitori sono morti i figli se ne sono andati». Alfredo ricorda il buio e il silenzio del lockdown quando era costretto a percorrere la strada piena di buche per andare in ospedale dalla mamma. Ma è rimasto nelle sue vallate che sono casa.
Ultimo aggiornamento: 09:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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