Migranti, incontro in Prefettura a Padova con le onlus. Favarin: «Società impregnata di razzismo, dobbiamo fare di più»

«I posti per i profughi ucraini, “belli e bianchi”, c’erano, per i “neri” invece no. È un tema a livello sociale che bisogna affrontare»

Venerdì 14 Luglio 2023 di Marina Lucchin
Luca Favarin in Prefettura

PADOVA - Vertice ieri pomeriggio in prefettura con tutte le onlus che si occupano dell’accoglienza dei richiedenti asilo. Finora la prefettura e le cooperative che hanno partecipato ai bandi ministeriali sono riuscite a coprire tutte le esigenze trovando appartamenti privati o messi a disposizione dalle parrocchie. Ma la situazione sta diventando sempre più difficile, come ben illustra Luca Favarin, che gestisce nove comunità a Padova, ospitanti circa 140 migranti. «L’arrivo di queste persone non è prevedibile, non sappiamo quando e quante ne arriveranno. L’ordine è quello di liberare Lampedusa, ma non ci sono numeri precisi.

Per dire, ieri (mercoledi, ndr) ne sono arrivate 15, oggi (ieri, ndr) e domani (oggi, ndr) 10, non c’è programmazione. Questo perchè, come dice la parola stessa, è un’emergenza e dunque non è pianificabile».

L'incontro

Favarin si dice molto soddisfatto di questo primo incontro in prefettura, dopo l’insediamento di Francesco Messina. «Il prefetto non c’era, ma c’era il suo vice che si occupa di immigrazione. È stata l’occasione per presentarsi e devo dire che la posizione della prefettura è molto bella. Si dice no ai grandi centri, non si fanno atti di forza, ma si cercano di stimolare le sensibilità dei territori. L’obiettivo adesso è quello di trovare insieme una strada di gestione di questa emergenza drammatica e acre che si consuma sul mediterraneo e che tocca le nostre terre, ma soprattutto i nostri cuori. Ci sono persone che sono drammaticamente provate, arrivano e continueranno ad arrivare. Oltre ideologie e fanatismo le persone vanno aiutate». Anche perché la situazione è particolarmente difficile. «Non stiamo mica parlando di persone che arrivano dagli hotel di Sharm el-Sheikh o da Djerba, ma dalle strutture libiche. Molti hanno problemi psichiatrici, specialmente stress post traumatico dovuto alle torture, poi ci sono le donne incinte che sono state stuprate. Ma per molti si tratta solo di “spazzatura” perchè purtroppo la nostra società è impregnata di razzismo. I posti per i profughi ucraini, “belli e bianchi”, c’erano, per i “neri” invece no. È un tema a livello sociale che bisogna affrontare. Quindi cari sindaci, caro territorio, care comunità religiose: è arrivato il momento di dare delle risposte veloci anche agli africani, com’è stato fatto con gli ucraini».

Il lavoro

Intanto un paio di settimane fa Diocesi e Provincia di Padova hanno promosso un incontro sul Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) per evitare che con la crescita di sbarchi sulle coste italiane le prefetture debbano ricorrere ai Cas sul modello di Cona e Bagnoli. L’incontro ha visto l’eccezionale presenza di 86 amministratori, tra sindaci e vicesindaci. Attualmente in Diocesi (anche attraverso convenzioni con cooperative e associazioni) le accoglienze garantite dalle parrocchie e da realtà religiose superano le 500 unità e riguardano varie tipologie di persone e di necessità – perché l’accoglienza e la richiesta di un tetto riguarda varie situazioni diverse tra loro e tutte degne di attenzione – dai migranti alle persone senza dimora, da situazioni di emergenza abitativa a famigliari di degenti ospedalieri, da studenti afghani a profughi ucraini, rifugiati siriani, persone in percorsi di riabilitazione, famiglie con minori. Ma i posti sembrano non bastare mai. «Si deve fare di più» chiude Favarin.

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