Marco e Pippo: «Vogliamo tornare a far ridere in teatro»

Lunedì 26 Aprile 2021 di Edoardo Pittalis
Marco e Pippo

PADOVA - Tra poco riaprono i teatri. Loro hanno già pronto lo spettacolo di dicembre al Gran teatro Geox di Padova, sei date, tutto esaurito. E hanno preparato anche lo spettacolo per il Verdi di Padova. «Ci vorranno un paio di anni, non basterà la sola riapertura, ma non ci deve essere la paura di tornare al teatro».
Intanto, fanno il pieno di visualizzazioni su Youtube, due milioni in un mese, con Zio Ueb, dieci puntate, girate come un film. «Il teatro ha bisogno di un pubblico, ha bisogno di chi lo fa e di chi lo guarda. Questa è un'altra cosa, ma è il segno del tempo che viviamo nel quale la risata è benessere».
Loro sono Marco e Pippo trio comico, un successo crescente: 1500 spettacoli, più di cento serate all'anno. All'anagrafe: Filippo Borille, 39 anni, padovano; Marco Zuin, 41 anni, di Monselice; Gaetano Ruocco Guadagno, di Mestre, 46 anni. Sono nati come duo nel 2005, sei anni dopo per uno spettacolo sull'Unità d'Italia si è aggiunto Gaetano, nella parte di un garibaldino che appariva nel sogno a una coppia della campagna veneta.
In qualche modo c'era il teatro nel loro futuro, anche se ci sono arrivati per vie diverse: li ha uniti l'oratorio, li ha divisi l'università, li ha riuniti l'amore per la vita di provincia.


Come ha fatto Marco a diventare un attore comico?
«Sono nato a Monselice ma sono sempre vissuto a Cornegliana di Due Carrare, un paesino piccolo ma con un sacco di storie e un sacco di personaggi, dove nessuno si sposta ma accadono tante cose.

Incontri persone che non ti conoscono ma sanno tutto di te. La provincia è la grande risorsa della cultura. Ho conosciuto Pippo nel 2000 in ambito parrocchiale, ci siamo incontrati in pullman andando ad Assisi per il Giubileo. Abbiamo riso tantissimo, ci siamo piaciuti subito e sul pullman sono nate le prime idee, Pippo conservava ancora nel portafogli un biglietto ripiegato con gli incipit di barzellette e parole chiave in modo da ricordarle. Da lì è nato un connubio che non era ancora artistico, ma ci ha portato a lavorare, studiare, produrre materiale con modalità che erano già per il teatro. Se facciamo questo lavoro è anche grazie a Silvia Burattin, la nostra manager, che vendeva Marco e Pippo che nessuno conosceva».


E Filippo che strada ha fatto per arrivare al teatro?
«Sono un padovano di provincia, cresciuto a Bertipaglia di Maserà, un paese di campagna nel senso bello del termine. Ho studiato da programmatore informatico e mi sono laureato in Economia del Turismo a Ca' Foscari. Non avrei mai pensato di diventare attore, lavoravo in un'agenzia di viaggi, accompagnavo in giro per l'Europa i gruppi di anziani. La Caldieri di Monselice è stata la prima agenzia nella quale ho lavorato mentre frequentavo l'università. Abbastanza presto ho scelto di dedicarmi esclusivamente allo spettacolo muovendoci tra piazze e scuole dove ci eravamo specializzati in progetti di educazione alimentare su proposta della Coldiretti. Ma anche in progetti di educazione alla sessualità affiancando un medico specialista, con i ragazzi ma anche con i genitori. Gli alunni ne parlavano, i genitori no».


E ultimo arrivò Gaetano...
«Ho sempre avuto la passione del teatro fin da piccolo, assieme a quella del pallone, ho giocato nelle squadre giovanili del Barche a Mestre. Appena ho potuto ho incominciato a studiare in giro per l'Italia l'arte del mimo, il linguaggio del corpo. Mi prendevano in giro dandomi del vecchio, mi dicevano che ero coetaneo di Charlot e Buster Keaton e forse c'è un po' di verità: Charlot e Keaton li ho tatuati sul braccio. Sono geometra, ma non era quella la mia strada. Mi sono iscritto al Dams di Bologna, anni da pendolare, così appena la mamma mi ha detto I figli delle mie amiche lavorano e studiano, mi sono messo a lavorare. Ma la voglia di fare spettacoli era rimasta e l'ho seguita fino a che il teatro non è diventato il lavoro. Avevo già fatto qualcosa con Pippo e Marco, ci ho preso gusto. Nel frattempo avevo recitato Ruzante e avevo imparato molto accanto a Pennacchi».


Vi ricordate il vostro primo spettacolo?
«Doveva essere a Sandon, frazione di Fossò: cancellato per pioggia dopo pochi minuti, neanche pagato. Il debutto vero è stato a Ponte San Nicolò in un grande parco davanti a un migliaio di persone, si sono tanto divertiti, ma noi ce la facevamo sotto. I nostri personaggi nascevano dalla vita di provincia e la gente li capiva al volo: la coppia, il prete con la perpetua, il venditore che vendeva la tv a chi non sapeva nemmeno premere il pulsante del telecomando. E dopo non abbiamo più smesso, caricavamo tutto sulla vecchia Uno, faidate, montavi e smontavi. In scena ci piace l'improvvisazione: siamo insieme da tanti anni, a pallavolo c'è sempre uno che alza e uno che schiaccia e uno che applaude se non sbagli».


C'è qualcuno al quale vi ispirate?
«Sicuramente Natalino Balasso nella parte dello spettacolo comico, il suo Ercole in Polesine l'abbiamo visto dieci volte almeno. Nino Frassica e il Trio Solenghi-Lopez-Marchesini sono le vette. Quello che dovrebbe fare un comico è vedere il vestito che gli sta bene addosso, non serve copiare, ma gli esempi possono alimentare la tua comicità. Devi mangiare comicità. Noi abbiamo imparato molto da Dino Durante e dal suo Strologo, il suo almanacco».


Quali sono i vostri personaggi più popolari?
«I primi sono due sposi, Duilio e Ines, da anni in terapia. Pippo fa Ines, Marco fa il marito, Gaetano il dottore che riceve sempre al bar perché in casa ci sarebbe troppa pressione. Non si capisce perché stanno insieme, ma stanno insieme. Poi c'è Vianeo di Mestre, un mestrino con un'arroganza buona, innamorato della sua città, per lui Venezia è la costa di Mestre. L'ultimo di successo, creato in questi mesi di Covid, è l'assessore Ciano Contin totalmente ignorante, ma buono e ti permette di parlare di tutto con libertà. Una rubrica che va forte è la telefonata di Ciano con i potenti: Zaia lo chiama tutti i giorni per sapere che zona fare e Ciano s'inventa i colori; adesso ha un filo diretto con Draghi».


È più difficile far sorridere in tempi di pandemia?
«La gente ne ha più bisogno perché c'è solo Covid, non c'è spazio per pensare ad altro e allora cerchi tutto ciò che ti porta fuori da quel cerchio e la risata ti offre un momento di alleggerimento. In questo periodo come tutti abbiamo stretto i denti, il mondo nostro è in crisi forte non è solo quello che vedi che piange. I vecchi sistemi sono stati sostituiti da altre forme d'arte. Su Facebook facciamo dirette col Sensaltro show, usiamo i social giochiamo con gli utenti, è una fase questa nella quale per andare avanti devi inventare. Zio Ueb è una webserie prodotta con la collaborazione di Francesco Paolantoni. Dieci puntate girate con una grande troupe cinematografica che era ferma per la quarantena: alla regia Enrico Lando, padovano, con lui lo scenografo di Spiderman, il parrucchiere che aveva fatto ApocaliptoTutto girato in diretta, tutto caricato sui social e su Youtube dove ha raggiunto numeri impressionanti.


Avete scritto anche dei libri umoristici...
«Sì tre libri, il primo era intitolato Cara maestra precaria, l'ultimo Cara maestra ancora precaria. Ci piace la visione della realtà filtrata con gli occhi di un bambino di 9 anni, Toma Scantamburlo: «Sto anno il mio compagno di banco sarà Chevin Botin, quello che bestemmia talmente tanto che i suoi libretti di Peppa Pig non hanno più figure perché i porchi li ha usati tutti lui. Alla fine c'è anche un Glossario per diversamente veneti».

Ultimo aggiornamento: 17:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci