Figli con due mamme, «Io e Sara, due bambini ma con diritti diversi. Ora aspettiamo il terzo. Perché lo Stato vuol togliere un genitore?»

Figli di due mamme, il caso di Padova, dove la Procura ha impugnato gli atti di nascita dei bambini delle coppie omogenitoriali dal 2017 sta scatenando la protesta delle famiglie arcobaleno

Mercoledì 21 Giugno 2023 di Iris Rocca
Figli di due mamme, il caso di Padova

​PADOVA - Non ha mai avuto dubbi Elisa Barbugian sulla natura della sua famiglia, né li ha ora che è la Procura di Padova ad esprimersi con contrarietà. «Io e Sara abbiamo due figli, nati a pochi anni uno dall’altro, eppure con diritti diversi.

Ora stiamo per averne un terzo e, anziché appianarsi le differenze riconoscendoci come famiglia, si preferisce che ai nostri bambini venga tolto un genitore». Parla senza filtri la 38enne di Conselve perché, come ripete lei, «non c’è nulla di cui ci dobbiamo vergognare». Ieri la routine del suo nucleo familiare è stata scossa dall’annuncio della prima notifica inviata dalla Procura di Padova ad una delle famiglie registrate in città con genitori dello stesso sesso. «Noi ancora non l’abbiamo ricevuta, ma arriverà a giorni».

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LE DIFFERENZE

Ma andiamo con ordine. Elisa e Sara - coppia consolidata - hanno deciso qualche anno fa di mettere su famiglia. «Abbiamo due figli, entrambi nati a Padova – racconta Elisa - Il primo ha 7 anni e alla nascita le regole non permettevano di registrarlo come figlio di due mamme. Diversa la storia del secondo, che ora ha 4 anni, riconosciuto dal Comune di Padova nel febbraio del 2019 come figlio di entrambe. Abbiamo deciso di dare a tutti e due solo il mio cognome, anche se per la legge, fino ad ora, il più piccolo poteva godere di tutti e due. A soli tre anni di distanza i nostri bambini si sono trovati ad avere diritti completamente diversi. E mia moglie altrettanto». Da questo, la volontà di dare ad entrambi i fratellini lo stesso tipo di condizione. «Abbiamo intrapreso un percorso legale richiedendo anche per il primo un riconoscimento tardivo – ricorda Elisa, senza avere più grandi aspettative – Inizialmente ci è stata data ragione nella sostanza, vista la diversità di trattamento tra bambini nati dalla stessa madre partoriente, dallo stesso donatore e viventi in uno stesso nucleo. Poi però, il tribunale, trattando la tematica solo dal punto di vista civile e di applicazione delle leggi, ci ha risposto che non avrebbero potuto obbligare in alcun modo il sindaco di Conselve ad effettuare la trascrizione».

Sindaco che però ora è cambiato. «Questo ci ha fatto nuovamente sperare – confessa Elisa. – Abbiamo ripreso il percorso per poter fare anche con il primo figlio la stepchild adoption e portare Sara ad adottarlo legalmente avendo anche su di lui pieni diritti come madre». Il paradosso per Elisa e Sara, entrambe sul palco delle famiglie arcobaleno a palazzo Moroni lo scorso aprile a chiedere parità di diritti, è il fatto che la scalata intrapresa si sia rovesciata con la perdita di questi anche da parte del figlio più piccolo. «Nel 2018, prima che nascesse il secondo, ci siamo unite civilmente, consegnando al Comune di Padova la documentazione insieme alle carte della clinica alla quale ci siamo rivolte per la procreazione assistita, per suggellare la regolarità della nostra famiglia. Ora, invece, non sarà solo il primo per la legge ad essere figlio solo mio, ma anche il più piccolo, non appena il tribunale si esprimerà su di noi».

IL NUOVO ARRIVO

A rabbuiare il volto di Elisa è poi un pensiero che, in condizioni normali, dovrebbe essere motivo di gioia: «Ora aspettiamo un terzo bambino, mia moglie è incinta, eppure per lo Stato non saranno fratelli tra loro. Sette anni fa pensavamo che le cose si sarebbero evolute in meglio, ora stiamo perdendo ogni speranza». A restituire il sorriso alle due donne è, però, la loro realtà quotidiana. «Abbiamo una vita meno problematica di quel che si pensi. La società civile è molto preparata e accogliente rispetto a famiglie come la nostra. Magari c’è uno stupore iniziale, ma mai nessuno ha mancato di rispetto a noi o ai nostri bambini. Le maestre dei nostri figli non chiedono alcuna delega a Sara per occuparsi di loro: la società ci riconosce entrambe come madri più della legge. Il problema è che con queste disparità siamo sempre in balìa del buon cuore di chi ci troviamo davanti, senza poterci far valere. Tante persone pensano che non esistano più queste disparità, che basti un’unione civile per riconoscere i figli. C’è poca conoscenza del tema. Per questo dobbiamo far capire che queste famiglie sono la normalità e continuare a reclamare i nostri diritti, farci conoscere e farci sentire». Elisa e Sara non hanno dubbi, continueranno a farsi sentire. 

Ultimo aggiornamento: 22 Giugno, 09:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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