Operati a Camposampiero fratello e sorella per una malattia genetica che porta alla cecità: hanno recuperato parte della vista

Con un farmaco geneticamente modificato è possibile dare alla retina quel frammento di Dna che serve alla vista

Mercoledì 12 Aprile 2023 di Redazione Web
Ospedale di Camposampiero

CAMPOSAMPIERO (PADOVA) - Due giovani pazienti - fratello e sorella, della provincia di Treviso - affetti dalla stessa forma di distrofia retinica ereditaria ad esordio precoce (grave malattia neurodegenerativa di origine genetica che, se non trattata, si correla a condizioni irreversibili di cecità assoluta entro pochi anni) sono stati operati ad entrambi gli occhi all’ospedale Pietro Cosma di Camposampiero da una équipe multidisciplinare di specialisti: i due giovani hanno parzialmente recuperato la capacità visiva.

La malattia genetica

Affetti da una malattia genetica degenerativa della retina ad esordio molto precoce e destinati a diventare completamente ciechi, un ragazzo di 17 anni e la sorella di 14 hanno potuto finalmente migliorare le loro capacità visive in progressivo e severo peggioramento fin da quando erano bambini molto piccoli. Tutto ciò è stato reso possibile grazie a complesse procedure di terapia genica intraoculare, eseguite mediante delicati interventi di microchirurgia in grado di garantire la precisa somministrazione di un farmaco bio-ingegnerizzato negli angusti spazi sub-retinici di appena pochi decimi di millimetro.

Gli interventi, avvenuti lo scorso dicembre, sono stati condotti da un team multidisciplinare dell’Ospedale di Camposampiero coadiuvato da medici oculisti dell’Università degli Studi di Ferrara.

La cura

«Questa cura innovativa – illustra Marco Tavolato, direttore di Oculistica a Camposampiero - consente di ripristinare quelle funzioni cellulari che la retina dei pazienti non può svolgere a causa di gravi mutazioni bialleliche del gene RPE65 che, se non corrette, conducono progressivamente a danni irreversibili della retina con conseguente perdita totale della vista entro i primi 20-30 anni di vita. Tecnicamente si tratta di un farmaco geneticamente modificato che contiene un vettore virale costruito in laboratorio per poter trasferire, all’interno delle cellule retiniche non ancora del tutto degenerate, una copia sana del gene malato che riprende a funzionare normalmente. In questo modo si rende disponibile alla retina quel frammento di DNA che codifica per una proteina enzimatica essenziale per la visione, correggendo definitivamente il difetto genetico alla base della malattia classificabile tra le forme più aggressive di retinite pigmentosa ed altrimenti non curabile.

Tante altre tipologie di retinite pigmentosa, dovute a mutazioni in geni diversi da RPE65, sono comunque condizioni molto gravi ed invalidanti anche se purtroppo ancora non affrontabili. Tuttavia, oggi per la prima volta, esiste la possibilità di offrire ad alcuni pazienti selezionati un trattamento finalmente efficace per prevenire o correggere il decadimento della vista, rappresentando una tappa fondamentale anche per le future terapie geniche con farmaci simili a quello ora disponibile, denominato voretigene neparvovec (nome commerciale Luxturna) ed autorizzato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) nel 2021. Il trattamento con Luxturna, specificamente dedicato a pazienti con retinite pigmentosa correlata al gene RPE65, è una procedura chirurgica molto complessa e costosa e, anche per questo, esclusivamente affidata ad alcuni Centri d’eccellenza in Italia e nel mondo
»

«Con le tecniche a disposizione già oggi, la sanità veneta disegna il suo futuro. La notizia che ci giunge dall’ospedale di Camposampiero ci inorgoglisce e ci riempie di gioia. Mi congratulo con tutti i professionisti che hanno reso possibile questo risultato - ha detto il presidente del Veneto Luca Zaia - Il successo dell’intervento è stato possibile grazie a complesse procedure di terapia genica intraoculare con particolari tecniche di microchirurgia, condotte da una equipe multisciplinare, che hanno reso mirata e precisa la somministrazione di un farmaco bioingegnerizzato. Il risultato, grazie ad un recupero delle funzioni cellulari, ha interrotto la spirale di un inevitabile e grave peggioramento che i giovani hanno subito fin da piccoli. Non è solo una rilevante tappa della sanità ma anche un grande messaggio di speranza».

Ultimo aggiornamento: 13 Aprile, 15:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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