Guerra Israele Hamas, l'archeologa di Montegrotto Elisabetta Boaretto a Tel Aviv: «Una carneficina, gente rastrellata casa per casa. Puntavano ai civili»

Sabato 14 Ottobre 2023 di Eugenio Garzotto
Guerra Israele Hamas, l'archeologa di Montegrotto Elisabetta Boaretto a Tel Aviv

PADOVA - Le sirene che lanciano il loro urlo stridulo, la corsa dentro il rifugio, le notizie che cominciano a balenare sugli schermi dello smartphone – prima frammentarie, confuse e poi via via sempre più precise nel cadenzare l’orrore -, gli allarmi che cessano e poi riprendono, con quei pochi intervalli di quiete riempiti da una passeggiata in giardino per scaricare la tensione e il girovagare per casa, sempre con gli occhi puntati sulla tv che elenca impietosa il numero dei morti, dei feriti, dei rapiti. Sempre più alto. “Esperienza da dimenticare” è un’espressione senza senso in certi casi. Perché dimenticare - qui e ora - non si può. Sono queste le immagini che continuano a rivivere nella mente di Elisabetta Boaretto, archeologa e specialista in analisi al radiocarbonio presso il prestigioso Weizmann Institute di Rehovot, nativa di Montegrotto e da 35 anni in Israele, che ha vissuto assieme al marito e ai due figli l’attacco di Hamas allo Stato ebraico. 


IL RACCONTO
«Sabato mi ero alzata come ogni mattina verso le 6,30 e stavo preparandomi il caffè quando le sirene hanno cominciato a suonare – racconta -. Da noi purtroppo accade spesso. Ma questa volta, dopo pochi minuti abbiamo capito che era diverso, quando sono arrivate le prime notizie. Siamo subito andati nel nostro rifugio nel seminterrato». Elisabetta Boaretto parla da Tbilisi, capitale della Georgia, dove si trova per un convegno. Il giorno dopo l’attacco partito da Gaza ha preso l’aereo per non mancare a un importante impegno lavorativo, ma sempre con ansia e paura a farle compagnia. La docente abita a Ness Ziona, una città di 50mila abitanti a ventiquattro chilometri da Tel Aviv, in un’area quindi relativamente distante dai punti di infiltrazione dei guerriglieri di Hamas. «Lì invece è accaduta una carneficina, qualcosa che non abbiamo mai visto, con la gente rastrellata casa per casa.

Donne, bambini, persino persone anziane. Cercavano proprio i civili. Anche nella nostra città abbiamo subìto attacchi. Il sistema di contraerea “Iron Dome” è molto efficiente, ma qualche missile riesce comunque a eludere le difese. Da noi ne sono caduti due; uno sul tetto di un asilo, a un chilometro dalla nostra casa. Per fortuna il sabato è chiuso, altrimenti sarebbe stata una strage». 


L’ORRORE
Quando il giorno dopo la professoressa si reca in aeroporto, lo spettacolo che le si presenta è impressionante: «File di centinaia di persone che cercavano disperatamente di partire. Io avevo già il biglietto prenotato dalla El Al, la compagnia di bandiera israeliana che non ha mai cancellato i voli a differenza di altre che hanno annullato i collegamenti. E questo ovviamente crea difficoltà ai cittadini israeliani che devono tornare in patria. La mia università ha consigliato agli studenti stranieri di andarsene il prima possibile. Sarebbe una responsabilità troppo grande, se dovesse accadere loro qualcosa». Il suo pensiero corre di continuo al marito Dror Kella e ai figli Eyal e Iris, di 31 e 29 anni. «Anche loro possono essere richiamati alle armi. Sono entrambi riservisti. Mio marito non lo è più, dopo i 45 anni il servizio termina. Stanno vivendo questa attesa con comprensibile tensione e con la paura per i loro amici che sono già nelle aree degli scontri. E le notizie terribili inevitabilmente arrivano. Un carissimo amico del marito di mia figlia ha perso la vita in azione proprio alcuni giorni fa. Non c’è una persona in Israele che non sia stata direttamente o indirettamente toccata da questa tragedia, con un parente, un vicino o un amico, ucciso, ferito, rapito oppure richiamato nelle forze armate». 
Ma quanto accade in queste ore è l’ennesimo capitolo di una tragedia che attraversa le generazioni. «Mio figlio si chiama Eyal in ricordo di un grande amico di mio marito che morì molti anni fa nel corso dell’intervento militare in Libano. Si trovava su una jeep saltata su una mina». Elisabetta Boaretto fa parte di una famiglia molto conosciuta a Montegrotto: i contatti con i fratelli Emanuele (titolare dell’hotel Millepini, progettista della piscina termale più profonda del mondo Y-40 e presidente nazionale di Federalberghi Terme), Margherita, Francesca, Giancarlo e Adriano sono costanti. «Sono ovviamente molto preoccupati. Sono perfettamente consapevoli di quello che potrebbe accadere». Il ritorno della professoressa nella sua patria d’elezione da più di trent’anni è fissato per oggi. «Anche i palestinesi di Gaza sono ostaggi. Noi scendiamo in piazza contro il governo, abbiamo le elezioni. Loro non possono fare nulla di tutto questo». E conclude: «I social no, quelli non li guardo più. Fa troppo male». 

Ultimo aggiornamento: 16:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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