PADOVA - Venti chilometri di corsa a quota 5.602 metri. Per la precisione 20,7 km. Questa è la nuova impresa di Paolo Venturini, l'ultra runner padovano, atleta delle Fiamme Oro, vice ispettore della Polizia di Stato, inquadrato nel Reparto mobile. A quell'altitudine è già difficile respirare ed ogni passo è una fatica, correre (certo al piccolo trotto) per 2 ore 52 minuti e 53 secondi è qualcosa di impensabile. Venturini lo ha fatto, giovedì 13 sul valico del Khardung La nella parte indiana dell'Himalaya a pochi chilometri dai confini con Cina e Pakistan. È considerato il valico stradale più alto del mondo.
La grande fatica
«Non credevo di riuscire a correre così a lungo - racconta Venturini, perfettamente ristabilito, 24 ore dopo la grande fatica - forse avrei potuto andare avanti ancora per qualche centinaio di metri, però non ho voluto rischiare. Ogni respiro mi bruciava i polmoni, la testa pulsava tremendamente e le dita delle mani erano viola. Comunque ero costantemente controllato dallo staff medico, che in caso di valori troppo rischiosi mi avrebbe fermato. Con la saturazione sono sceso a 66, il limite di sicurezza era fissato a 62; mentre il cuore si è dimostrato una macchina da guerra perfetta. Ho tenuto una media di 134 pulsazioni, con un picco di 142». Prestazioni sovrumane. Del resto Venturini, 55 anni portati da trentenne, è famoso per le sue imprese estreme. Lo chiamano Monster Frozen da quando in Jacuzia, la parte più fredda della Siberia, ha corso per 39 chilometri a meno 50 gradi, con un picco di meno 52. Ma non disdegna neppure il caldo. Nel 2001 ha corso nel deserto del Nevada per 70 chilometri con temperature sopra i 50 gradi. È capace di percorrere cento chilometri in 24 ore.
A caccia dei propri limiti
Ma cosa spinge un uomo a tentare simili "pazzie"? «Non vado a caccia di record da Guinness, ma cerco di scoprire i limiti umani. In questo caso il test servirà per studiare il "mal da montagna". Quando compio queste "pazzie" il rischio è sempre calcolato, sono seguito da uno staff medico, che mi dà l'autorizzazione a partire solo se il mio fisico è al meglio. Per questo dico, soprattutto ai giovani, cercare i propri limiti è bellissimo, però non provate mai sfide estreme se non siete allenati e assistiti. Il fai da te è pericolosissimo». Venturini in questa prova estrema è stato seguito da due medici e due cameramen e dalla compagna Virtus, al suo fianco in tutte le sue imprese. «Ad essere sincero è stato quasi più impegnativo il prima che il durante la corsa - commenta Venturini - Abbiamo avuto problemi con i visti e con i permessi. Poi, quando sono giunto a Leh, la capitale della regione che è a 3.500 metri, ho avuto un'irritazione polmonare, con febbre a 38 gradi, che mi ha rallentato per alcuni giorni. Quando mi sono ripreso è arrivato un terribile monsone che ha portato pioggia per 52 ore. Ero incerto se tentare o meno, ma non potevo perdere questa occasione: le autorità indiane mi avevano dato il permesso esclusivamente per il giorno 13 luglio. Sono partito. È stato un salto nel buio. Non avevo idea di quanto avrei potuto resistere. Non avevo punti di riferimento, perché nessuno ci aveva provato prima». Il poliziotto padovano oggi sarà a New Delhi, dove lunedì terrà una conferenza stampa nella sede dell'ambasciata italiana e mercoledì conta di rientrare a Padova per festeggiare. Ma come ci si sente 24 ore dopo un simile sforzo? «Benissimo, tutti i valori sono tornati ai parametri normali. Solo le gambe mi fanno un po' male. Penso che sia dovuto al tipo di corsa lenta a causa dei problemi di respirazione a quell'altitudine. Non sono abituato a correre così piano».