Caso autovelox, parla l'ex comandante Moro: «Delle multe il sindaco sapeva tutto e approvava»

Sabato 9 Dicembre 2023 di Lucio Piva
Il sindaco Marco Schiesaro e l'ex comandante Giampietro Moro

CADONEGHE - Vuole far suonare anche l’altra campana. Giampietro Moro, ex responsabile del Servizio operativo della polizia locale di Cadoneghe, indagato per falso in atto pubblico e tentata concussione, ribatte colpo su colpo alle responsabilità addossategli dal sindaco Marco Schiesaro sulla vicenda dei due autovelox della strada 307. «Rimango basito – esordisce – sentendolo scaricare ogni responsabilità su di me quando lui, com’è giusto e ovvio, ha sempre saputo tutto nei minimi particolari.

Fu lui a volere convintamente l’installazione dei velox».

Cosa intende?
«Non a caso in sede di approvazione del bilancio il sindaco sottolineò di adeguare le entrate ai proventi in arrivo dalle sanzioni. D’altronde a me era stata tolta la posizione organizzativa nel giugno 2022, né ero dirigente. Quindi all’epoca dei fatti non avrei potuto prendere alcuna decisione verso l’esterno».
Il sindaco sapeva che dopo due giorni dall’attivazione i transiti irregolari riscontrati erano già migliaia?
«Lo avvisavo giorno per giorno, anche ogni 12 ore. Fin dal pre-esercizio, che in due giorni aveva segnalato circa 3.500 potenziali sanzioni. Reagiva fin dai primi dati con chiara approvazione».

E lei cosa fece?
«Come esecutore di decisioni assunte da altri organi fornivo tutt’al più valutazioni interne. Conservo i verbali delle riunioni di coordinamento dove sollecitavo, prima di avviare i velox, a informare i cittadini. Insistei per incrementare la segnaletica nonostante fosse già conforme alle disposizioni del Codice della strada. E soprattutto per avere nuovo personale necessario a notificare le sanzioni».

Misure forse insufficienti visto l’aumento esponenziale dei verbali...
«Sul piano dell’opportunità si poteva certo intervenire ancora. Quando scoppiò la protesta prima l’amministrazione sostenne le ragioni della scelta. Poi, improvvisamente, si orientò a cercare un’autotutela che presuppone non solo gravi illegittimità, ma anche il pubblico interesse alla rimozione degli atti. A protesta già scoppiata mi fu proposto di riconoscere solo le infrazioni di chi superava i 70 km/h, o soluzioni come attivare i velox a fasce orarie, sino a chiederne lo spegnimento».

E lei obbedì a tali sollecitazioni?
«Non avevo i poteri per assumere alcun provvedimento. Ho obiettato coscientemente che tutte le ipotesi non mi sembravano legittime. Mi consultai con funzionari della polizia locale di Padova per verificare il funzionamento a fasce orarie, ma tutti sostennero l’illegittimità della scelta. Ho riferito ciò al sindaco, evidenziando che avrebbe dovuto assumersi direttamente la responsabilità di formalizzare lo stop. E così ha fatto».

Però le contestano i reati di tentata concussione e falso ideologico.
«Anche se il sindaco mi tolse la “posizione organizzativa” ho continuato a svolgere i compiti di coordinamento e organizzazione dei procedimenti, dei quali non avevo la responsabilità finale. Ho sempre cercato di non risparmiarmi e lavoravo non meno di 12 ore al giorno. Alcune questioni ora sono state davanti alla magistratura perché il sindaco mi ha denunciato. Si tratta, da una parte, di aspetti puntuali nell’ambito delle tante attività svolte per la sorveglianza di quel punto pericoloso della strada e, dall’altro, di questioni riferibili al mio inquadramento a fronte di diverse prospettive rappresentatemi dall’amministrazione».

Solo promesse?
«No. Mi riferisco all’approvazione del nuovo piano del personale che prevedeva l’istituzione del posto di comandante, per il quale avrei concorso. Coltivavo con convinzione questa aspettativa. Come avrebbe fatto qualsiasi altro lavoratore al posto mio. Non so dove stiano le pressioni, o peggio le minacce».

Le vengono contestate responsabilità anche circa i documenti su collaudo e installazione dei velox.
«I collaudi sono stati effettuati dalla ditta installatrice e regolarmente pubblicati sul sito del Comune, unitamente al decreto prefettizio che ha autorizzato il posizionamento. Altrettanto oggettiva è la certezza che tutta l’amministrazione fosse al corrente dell’attivazione prevista il 23 giugno».

Secondo il sindaco lei boicottò l’indagine interna. Anziché fornire i dati richiesti avrebbe riempito il suo ufficio con scatoloni di verbali cartacei.
«Ho prodotto il 23 agosto tutti i dati e i documenti richiesti. Il sindaco afferma di aver ricevuto l’ultimo documento da me il 31 ottobre. Peccato fossi a casa dal 5 settembre».

Il sindaco ha annunciato l’annullamento di tutte le sanzioni, citando un abuso di potere.
«Non so cosa sia un abuso di potere. Conosco l’abuso d’ufficio che è un reato e l’eccesso di potere che è un vizio amministrativo. Non credo comunque che questo presunto abuso possa essere riferito a me che non avevo alcun potere decisionale».

Si sente tranquillo sull’esito della vicenda?
«Mi ferisce il fango che mi viene buttato addosso dopo anni di lavoro instancabile. Ma ho dalla mia parte la serenità di chi ha lavorato onestamente».

Ultimo aggiornamento: 08:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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