Acciaierie Venete, indagata anche la società. L'operaio resta in coma. L'esplosione ha piegato una lastra di 30 tonnellate

Martedì 31 Ottobre 2023 di Marco Aldighieri
Acciaierie Venete, indagata anche la società. L'operaio resta in coma. L'esplosione ha piegato una lastra di 30 tonnellate

PADOVA - Proseguono le indagini sulla potente esplosione avvenuta, venerdì all’ora di pranzo, nella sede padovana di Acciaierie Venete. Il pubblico ministero Marco Brusegan, titolare delle indagini, ha iscritto nel registro degli indagati anche la società. Dunque Acciaierie Venete Spa dovrà rispondere come responsabile amministrativa. 
Nei guai era già finito il direttore responsabile dello stabilimento di riviera Francia, Christian Frelich, accusato di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro.

Intanto resta in coma farmacologico l’operaio bosniaco di 49 anni, con ustioni di terzo grado sul trenta per cento del corpo. Gli altri tre feriti (all’inizio sembravano solo due), se la sono cavata con tre o cinque giorni di prognosi. 


LE INDAGINI
Gli inquirenti, in questi giorni, hanno appurato come Acciaierie Venete, dopo il tragico incidente del 13 maggio del 2018 dove morirono due operai, abbia cambiato il suo assetto societario a partire dall’anno scorso. In caso di incidente sul lavoro a rispondere a livello penale non è più il legale rappresentante, ma i singoli direttori degli stabilimenti. In quell’occasione fu indagato il presidente Alessandro Banzato, oggi a processo insieme ad altri sette imputati. 
La Procura nei prossimi giorni nominerà un consulente tecnico, di sicuro un ingegnere, per capire da cosa è stata provocata quella terribile deflagrazione. L’esplosione è stata talmente potente da piegare una lastra in metallo di circa 30 tonnellate, e da bucare in più punti il tetto del capannone. Ma cosa ha trasformato quel luogo di lavoro, ancora oggi sotto sequestro, in una bomba? Secondo una prima ricostruzione dei fatti una lingua di acciaio fuso a 1.600 gradi è caduta da una vasca di raccoglimento, forse perchè ha oscillato, ed è precipitata sul pavimento dove era presente dell’acqua. 
La reazione caldo-freddo ha di fatto creato un effetto-ordigno. L’acqua, in quel punto, avrebbe dovuto essere alta pochi centimetri: è una sorta di piccola buca dove cadono le scintille del materiale incandescente e a contatto con l’acqua si spengono. Invece venerdì di acqua ce ne sarebbe stata fin troppa: l’ipotesi più accredita è quella di una infiltrazione sul tetto del capannone e le intense piogge dell’ultimo periodo avrebbero contribuito a fare aumentare l’acqua. La squadra degli inquirenti è formata dalla polizia, dagli agenti dello Spisal e dagli ingegneri dei vigili del fuoco. Nei prossimi giorni gli investigatori sentiranno i tre feriti lievi: sono gli unici testimoni diretti di quanto è accaduto.


IN OSPEDALE
Intanto restano gravi le condizioni dell’operaio bosniaco di 49 anni. Ricoverato in terapia intensiva è ancora intubato. Presenta ustioni di terzo grado nel trenta per cento del corpo. È costantemente seguito dall’equipe del reparto Grandi Ustionati dell’Azienda ospedaliera di Padova. Oltre alle ustioni ha subito diverse fratture, a causa dell’onda d’urto che lo ha travolto. I medici sono preoccupati in particolare per il potente colpo al capo, rimediato nell’impatto con il terreno dopo essere stato spazzato via dall’esplosione.


LA CURIOSITÀ
Il caso è stato affidato al pubblico ministero Marco Brusegan, lo stesso magistrato che ha ereditato dal procuratore aggiunto Valeria Sanzari, da oggi in forza alla procura veneziana, il processo in merito al tragico incidente del 13 maggio del 2018. Nell’arco di cinque anni, e per altro nello stesso capannone, si sono verificati due incidenti sul lavoro con due morti e sei feriti. Sarà compito degli inquirenti capire se il filo conduttore è da trovare nella mancanza di norme sulla sicurezza sul lavoro. 
 

Ultimo aggiornamento: 1 Novembre, 10:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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