Il sindaco di Belluno: «Effetti negativi della zona gialla, temo l'assuefazione all’emergenza»

Domenica 28 Febbraio 2021 di Davide Piol
il centro di Belluno ieri pomeriggio
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La provincia di Belluno sta vivendo una serie di paradossi.

Da una parte le nevicate abbondanti e le piste chiuse. Dall’altra i Mondiali di sci alpino a Cortina d’Ampezzo e la possibilità di rilanciare un settore turistico in forte crisi, limitati però dal blocco dello spostamento tra Regioni. E poi i turisti. Desiderati, chiamati a gran voce e ora tacciati come possibili untori. Nei fine settimana l’Alemagna è intasata, mentre la montagna soffoca sotto il peso di rifiuti e di assembramenti sempre più ingestibili.


«EFFETTI NEGATIVI»
«Stiamo subendo l’effetto negativo di essere in zona gialla – spiega il sindaco del capoluogo Jacopo Massaro – Sicuramente, se si riuscisse ad agire tempestivamente in zone circoscritte si potrebbe contenere meglio la curva dei contagi. Ma non è semplice». Massaro, che è anche presidente del comitato dei sindaci (distretto di Belluno), è prudente. Istituire zone rosse chirurgiche comporta infatti una gestione complicata delle stesse da parte dei Comuni. «Non vedo tantissimi comportamenti irresponsabili – continua – anche se mi preoccupa la faciloneria con cui alcuni approcciano al turismo. È un comportamento irresponsabile dettato forse dalla voglia di fuga e da un’eccessiva assuefazione all’emergenza».


TURISTI NEL MIRINO
Parole più decise invece dal sindaco di San Nicolò di Comelico Giancarlo Ianese: «Finché non c’era gente in giro si stava bene. Quando hanno ricominciato a muoversi i contagi sono ripartiti. Ogni domenica, qui da noi, c’è un’invasione di turisti e poi si vedono le conseguenze». Cioè? «Arrivano venerdì e se ne vanno domenica lasciando quassù pochi soldi e tanto virus». Ianese non invoca il lockdown totale perché la gente, non lavorando, «rischia di morire di miseria». Eppure, anche in era covid, «bisogna imparare a convivere col turista. Purtroppo quando si vede tanta gente si sa già che dopo una settimana arriverà il conto». I contagi, in provincia, stanno aumentando.
LA VARIANTE INGLESE
Un positivo su due ha la variante inglese e, come se non bastasse, è scoppiato un focolaio a Pieve di Cadore. Per capire cosa sta succedendo è sufficiente guardare il dato sugli attualmente positivi che, in appena 4 giorni, ha fatto un salto di oltre 100 unità. Lunedì 542, venerdì 643. Ieri erano 656. In aumento anche i ricoveri (84). Si contano 56 pazienti covid in area sub-intensiva, 8 in Terapia Intensiva, 20 negli ospedali di comunità. «È il dato che ci preoccupa di più perché è la vera bussola dell’emergenza sanitaria» fa sapere Massaro. Il numero dei positivi, nel capoluogo, «è ancora abbastanza basso ma in crescita». La sensazione del sindaco è che stia ricominciando «l’aumento esponenziale dei casi», quindi la terza ondata: «Lo vediamo dai dati che ci arrivano dall’usl. I 2-3 nuovi positivi al giorno, sono diventati 5-6 e poi 10-12».
LE SOMMINISTRAZIONI
L’unica arma a disposizione per contrastare la diffusione del virus è il vaccino. L’azienda sanitaria bellunese ha vaccinato 16.401 persone e sta continuando in questi giorni con i nati nel 1940. «Ho saputo che è stato vaccinato il personale amministrativo del Tribunale - commenta Massaro – Corretto ma prima, forse, sarebbe più urgente vaccinare alcuni servizi pubblici essenziali come le forze dell’ordine (partirà dal 2 marzo, ndr), gli assistenti sociali comunali e il personale della Protezione Civile che sta assistendo la popolazione e che non è vaccinato».
GLI APPROVVIGIONAMENTI
E conclude: «Finché il governo non risolve la questione sugli approvvigionamenti rimangono fondamentali due cose: il nostro comportamento e il contact tracing, cioè la capacità dell’azienda sanitaria di tracciare in modo preciso e tempestivo i contatti dei positivi». Infine «bisogna avere un’organizzazione del piano vaccinazioni adeguata e sensata rispetto agli obiettivi che si devono raggiungere».

Ultimo aggiornamento: 09:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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