Maria Pollacci, festa grande per i 100 anni dell'ostetrica dei record: «Io e i miei 8.004 figli senza essere madre»

Ha ricevuto il riconoscimento di Ostetrica d’Italia e, nel 2019, l’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica

venerdì 20 settembre 2024 di Eleonora Scarton
Maria Pollacci al festival di Sanremo con Carlo Conti e Maria De Filippi

PEDAVENA - Sono 8mila e quattro i bambini che l’ostetrica Maria Pollacci ha fatto nascere, aiutando le loro madri a partorirli tra le mura rasserenanti delle proprie case.

Una storia d’altri tempi. Uno spaccato di una sanità che oggi non c’è più e che ha lasciato spazio a sale parto attrezzate per far fronte alle difficoltà che un momento delicato come questo può presentare, ma che è bene ricordare perché parte del nostro passato. Una storia che è stata ricordata ieri mattina in occasione di un convegno sul mondo ostetrico che è stato organizzato all’ospedale di Feltre per festeggiare il compleanno della signorina Pollacci: oggi spegnerà ben 100 candeline.

Maria è nata il 20 settembre del 1924, in provincia di Modena, e si è diplomata come ostetrica nel 1945. Ha cominciato la sua carriera professionale sull’Appennino modenese, a Montecreto e nel 1950 è approdata in Trentino, dove è stata per quasi 10 anni, prima a Sopramonte, poi a Cles, in Val di Non. Da qui è arrivata a Pedavena, dove vive da oltre 60 anni. Ha assistito alla nascita di più di 8000 bambini. Per questo volume di attività ha ricevuto il riconoscimento di Ostetrica d’Italia e, nel 2019, l’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica. Nonostante l’età, Maria Pollacci è ancora in gamba e mostra una grinta giovanile, tant’è che ieri mattina, al termine del suo racconto, le è stato chiesto se volesse tornare a casa, ma la risposta è stata “non sono stanca”.
Ed allora spazio ai ricordi.

Il primo parto che l’ha vista protagonista è stato nel 1945, poco dopo il diploma. Ce lo racconta?

«Avevo 21 anni e mi ero diplomata da poco. Una sera mi chiama un signore dicendomi che la moglie doveva partorire. Nevicava tanto, c’era un metro e mezzo di neve, ma questo non mi ha scoraggiata. Ho preso la mia borsa e sono partita. Mancava ancora molto alla nascita, e sarei dovuta tornare l’indomani, ma il meteo proibitivo mi ha spinta a rimanere. Mentre il marito della donna mi stava preparando un letto, scorsi nella camera a fianco i primi due figli della coppia che boccheggiavano. Collegai subito questo sintomo con la presenza di una stufa a kerosene e l’emissione del monossido di carbonio. Li portai fuori e li rianimai. Poi, all’alba, feci nascere il loro fratellino. Ecco, nel mio primo parto salvai un’intera famiglia. Un legame forte quello che si è creato con questa famiglia tant’è che ancora oggi mi sento con quel bambino che ha ottant’anni e che è nonno».

Qual è stato il parto più particolare?

«Ricordo una signora che mi ha chiamata perché aveva le doglie. Arrivo, suono il campanello e mi apre la porta ma a quel punto non riesce più a muoversi, per cui si sdraia e partorisce lì, sulla porta. È stato incredibile. E veloce».

E l’esperienza del circo?

«Questa è una bella storia. Una donna che lavorava nel circo Busnelli Niuman mi chiede di far nascere il suo bimbo nel carrozzone del circo. Io accetto e nel corso della notte viene alla luce un bel bambino di circa 6 chili. Mi chiede anche di presentarlo al suo pubblico la sera successiva, nella gabbia dei leoni. Io accetto, convinta che scherzasse. Ed invece mi fece entrare proprio nella gabbia con in braccio il piccoletto appena nato. Mentre ero lì il leone è sceso dall’alzatina, suscitando lo stupore del numeroso pubblico accorso quella sera per vedere il nuovo nato».

Cos’è, per lei, il parto?

«Il parto per me è magia. L’ostetrica è una professione bellissima, perché si fa venire al mondo una vita. Ma dev’essere portata avanti con amore, umanità e professionalità. Una professione che per me è stata una vocazione. Vorrei poter assistere ancor’oggi».

Ha anticipato i tempi, proponendo negli studi medici il pap-test per prevenire il tumore del collo dell’utero.

«Oggi è uno screening consolidato, ma allora non lo era. Un medico dell’ospedale di Feltre mi invio due persone che mi insegnarono come fare. Imparai in fretta e per vent’anni lo feci alle donne negli studi medici».
 

Ultimo aggiornamento: 08:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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