Deborah, sopravvissuta allo schianto: «Accettai quel passaggio degli amici, che errore»

Martedì 1 Settembre 2020 di Olivia Bonetti
La tragica scena dopo l'incidente del primo settembre 2019
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BELLUNO - Di quel terribile schianto non ricorda nulla, nella sua mente è rimasto solo l’attimo in cui ha preso quella decisione: accettare un passaggio che le ha cambiato la vita. Un anno fa, la mattina del primo settembre 2019, è salita con l’amico Cristian Gabriele Palazzolo (il coetaneo morto nell’impatto), sulla Fiat 500 guidata da Mattia Vascellari. Deborah De Col allora aveva 17 anni e un sorriso meraviglioso. Oggi è maggiorenne, ha lottato tra la vita e la morte, ha affrontato 28 operazioni, non ha più la gamba destra e ha rischiato di perdere anche la sinistra, ma non ha perso quel sorriso. Accetta di raccontare la sua storia per aiutare altri ragazzi a non fare i suoi stessi errori.



Cosa ricordi di quella notte? 
«Non mi ricordo neanche di essere entrare in auto. L’ultimo flash è fuori dal locale “Mon amour” di Belluno. Ero arrivata lì con un’altra compagnia, ma non avevo qualcuno che mi riportasse a casa, a Ponte nelle Alpi. Ho trovato il mio amico Cristian: mi ha detto che stavano andando verso Longarone su quella Fiat 500 e potevano accompagnarmi. Da quel momento ho cancellato tutto». 

Se tornassi indietro faresti la stessa scelta?
«Voglio raccontare quello che è successo a me affinché i miei coetanei evitino di prendere decisioni, come quella che ho preso io quella sera. Se tornassi indietro chiamerei mia madre: ragazzi non salite mai in auto con persone che non conoscete».

 

Auto fuori strada all'alba: 19enne morto sul colpo, gravissimi i 4 amici

BELLUNO - Tragedia sulla strada all'alba nel Bellunese: alle 6.50, i vigili del fuoco sono intervenuti lungo la Ss 50 a Belluno per l'uscita autonoma di un'auto sulla quale viaggiavano 5 giovani.

Un ragazzo, classe 2000, Gabriele Palazzolo, è morto e altri quattro giovani, tutti amici, sono feriti molto gravi.



Da questo incidente hai subito lesioni gravissime che ancora stai curando, come è cambiata la tua vita?
«È cambiato tutto: abitudini, città. Ora vivo a Bologna con mia mamma e il suo compagno dove sto proseguendo le cure. Quello che facevo una volta è totalmente mutato: la mia vita ora è in funzione delle cure, sento l’ortopedico quasi ogni giorno. Ho avuto la fortuna di incontrare un professionista che ha davvero l’esperienza giusta, ma anche l’umanità: il dottor Roberto Bevoni di Bologna. E prima ancora ho avuto la fortuna di essere curata dai vascolari dell’ospedale di Treviso: mi hanno salvato la vita».

Cosa ricordi di quando ti sei risvegliata al Ca’ Foncello?
«All’inizio non mi facevano neanche vedere le mie gambe, allora ne avevo due. Al mio risveglio ho saputo di Cristian: mi ha davvero fatto fermare e riflettere sulla vita. Ma subito dopo ho dovuto decidere sull’amputazione. Quella gamba ormai era come morta, non la muovevo, e quando i medici mi hanno detto che per la setticemia potevo rischiare la vita ho pianto le prime tre ore e poi ho deciso: “Portatemi subito dentro e amputate”. Un mese dopo ero già fuori dall’ospedale. Ora, dopo 28 operazioni, dovrò sottopormi a altri due interventi per le articolazioni. Poi una volta che l’osso sarà sistemato ci saranno altre operazioni di chirurgia plastica».

È vero che dopo il tuo intervento di amputazione sei stata contattata da importanti campioni paralimpici?
«Sì, Bebe Vio e Andrea Silvestroni. Andrea e Bebe mi hanno inviato un messaggio vocale e la mamma di Bebe è venuta due volte a trovarmi a Treviso. È stato commovente: non sono solo quei campioni che vediamo in televisione, che hanno vinto la loro sfida. Hanno messo a mia disposizione il loro gruppo. Bebe mi ha spiegato quale era il mondo che si sarebbe prospettato per me dopo l’amputazione, con calore e umanità, ma anche col sorriso, vitalità e ironia».

In futuro farai anche sport?
«Per la gamba che ho, col fissatore, sono molto limitata e l’arto che mi è rimasto mi dà dolori, si sta ancora calcificando. Ma per quella con la protesi potrei partire e fare qualsiasi cosa. Lo sport farà parte della mia vita dovrò farlo anche per evitare che l’artrosi arrivi quando sono ancora giovane. Prima dell’incidente ho fatto 3 anni di Rugby, ma penso che il nuoto faccia per me, ora».

Al ragazzo che guidava l’auto cosa vuoi dire?
«A lui niente, perché non servono parole per capire quello che ha creato a tutti noi. Dispiace che non abbia mai avuto nemmeno il pensiero di scusarsi. Ci siamo incrociati all’ospedale di Treviso dove eravamo entrambi ricoverati e si è girato dall’altra parte. Poi sua mamma è venuta dicendomi che lui avrebbe voluto scrivermi tante volte, ma io non ho visto nulla. Ai miei coetanei invece voglio dire che non è un rischio divertirsi, se fatto con la testa e di non fidarsi mai di chi non si conosce. Cercare sempre o di chiamare un genitore o un taxi: non accettare mai passaggi da persone che non conoscete per evitare lo sbaglio che ho fatto io. È vero lo sbaglio l’ho fatto io, ma anche il conducente visto che visto che ha portato 4 ragazzi in una macchina, due dei quali minorenni, finendo dritto contro un palo».

Come vedi il tuo futuro? 
«Sembra strano, ma dopo essermi trasferita qui a Bologna lo vedo migliore per le possibilità che ci sono e la gente. Sarà sicuramente una vita diversa da quella che immaginavo un anno fa, ma farò anche tante cose che prima non avrei mai pensato di fare. Voglio ringraziare mia madre, Consuelo Boato, il suo compagno, Mauro Anzolut, il mio avvocato Martino Fogliato, i miei parenti Davide Boschiero e Wally De Luca, due amiche Jessica e Alisea i medici dell’ospedale di Treviso, soprattutto i vascolari, e il mio ortopedico».

Ultimo aggiornamento: 4 Settembre, 13:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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