Incendio in pizzeria: «Lanciai l'allarme, poi ho ricevuto tre lettere di minacce»

Venerdì 11 Marzo 2022 di Pietro Alpago Novello
La pizzeria distrutta dall'incendio

PIEVE DI CADORE - Si riaccende il processo per il rogo in pizzeria. Dopo oltre 4 anni e mezzo dall’incendio doloso che il 24 aprile 2017 distrusse la pizzeria “Mordi e Fuggi” a Pieve di Cadore, nella giornata di ieri ha finalmente preso il via l’ascolto dei numerosissimi testimoni. Alla sbarra Luigi Zanettin (presente in aula con gli avvocati Massimo Montino e Piero Longo), Giuseppe Lauro (anche lui presente con l’avvocato Giulia Munerin), Fabio Laritonda (avv. Francesco Fontana), Pasquale Ferraro (avv. Francesco Monopoli) e il titolare della pizzeria Alessandro Piccin (avv.

Genny Fioraso dello studio Giorgio Azzalini).

I 5 sono accusati in concorso di incendio, truffa ai danni dell’assicurazione e danneggiamento aggravato per quanto avvenne quasi quattro anni fa, alle 3.20 del mattino. Per la Procura di Belluno furono loro a causare l’incendio della pizzeria “Mordi e fuggi”, cospargendo l’interno di benzina e appiccando il fuoco. La parte civile è costituita da oltre 20 persone, mentre la lista dei testimoni presentata raggiunge i 40 individui. Il movente? Secondo gli inquirenti, incassare i soldi dell’assicurazione. 

I TESTIMONI
La prima testimone chiamata a parlare è stata Patrizia Proietti. Residente proprio di fronte all’ex pizzeria, la donna ha accettato di testimoniare nonostante avrebbe potuto avvalersi della facoltà di non rispondere, in quanto madre dell’accusato Luigi Zanettin. «Mi ha svegliato un boato, tanto forte da far cadere calcinacci dal soffitto e far tremare la casa - ha raccontato -. Ho subito pensato ad un terremoto, poi ho visto la luce filtrare dagli scuri, guardando fuori ho visto l’edificio in fiamme. Ho subito chiamato i soccorsi e al loro arrivo sono scesa». La donna ha inoltre individuato subito Pasquale Ferraro (pur senza riconoscerlo) gravemente ferito in strada: «Ho visto un ragazzo a terra, con le gambe che andavano a fuoco. Si trascinava con le braccia e urlava aiuto, ma non l’avevo mai visto prima», ha proseguito.

Proietti ha inoltre affermato di aver contattato subito il figlio tramite whatsapp, sentendolo per via telefonica però solamente la mattina e trovandolo totalmente ignaro dei fatti. Nei mesi successivi la donna ha ricevuto 3 lettere di minacce, cosa mai successa prima e fatta notare dall’avvocato Massimo Montino. Missive in cui ignoti le dicevano: «Te la farò pagare». Non fece denuncia, ma le lettere le ha tutte conservate. La spiegazione che si diede è che qualcuno ce l’avesse con lei perché fu la prima a chiamare i carabinieri dopo il rogo: la sua telefonata arrivò alle 3.21 e 48 secondi di quella notte. 

LA RICOSTRUZIONE
Le prime deposizioni si sono concentrate soprattutto sull’individuare con esattezza tutti i dettagli immediatamente successivi all’esplosione, cercando di asserire con certezza anche la presenza di Giuseppe Lauro. Il 62enne tassista napoletano avrebbe, secondo gli inquirenti, partecipato al piano del rogo, con Pasquale Ferraro e a Fabio Laritonda e sarebbe stato presente al momento dell’esplosione con il proprio taxi. Se tutti i testimoni di giornata hanno confermato di non aver visto Zanettin sul luogo dell’incendio, le testimonianze sulle parole urlate dal ferito sono discordanti: «Chiedeva aiuto e poi urlava un nome, Fabio o Fabrizio, non sono sicura», afferma un’altra dirimpettaia svegliata dalla commozione, Olga Goreyko. E Emanuele Zandomeneghi: «Sentito il botto sono subito sceso in strada, lì ho visto il signor Genova ed una donna che aiutavano a spostare un ferito che urlava il nome Fabio». Pier Eugenio Genova è stato tra i primi a prestare soccorso: «Corso fuori ho visto le fiamme ed un ferito, insieme ad una donna (che mi ha detto di essere dottoressa) abbiamo spostato il ragazzo su una tavola di legno fino al parcheggio in attesa dell’ambulanza».

Tutti i testimoni confermano di aver visto il taxi sulla scena insieme al suo autista, ma le tempistiche del suo arrivo rimangono incerte. Nel pomeriggio ha parlato il caposquadra dei vigili del fuoco intervenuti, Moreno Piaia: erano in 5 e ha spiegato le operazioni di spegnimento, dicendo che erano usciti dalla sede alle 3.30 e 3.34 arrivati in loco. Il processo proseguirà con l’ascolto di altri numerosissimi testimoni il 5 maggio.

Ultimo aggiornamento: 07:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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