A Luca Piazzi le chiavi della Dolomiti Bellunesi: «Non solo direttore generale, sarò anche il ds»

Giovedì 19 Maggio 2022 di Alessandro De Bon
Luca Piazzi al centro sportivo del Manchester City

BELLUNO - La prima chiacchierata con Luca Piazzi è una sorpresa.

Per mesi un nome, un cognome e un ruolo sospesi, ora finalmente una voce. E che voce. Quella del calcio che è una professione, del calcio “progetto”, del calcio che è un’idea, ben prima di una partita. Poi, nello specifico, il calcio che sarà la Dolomiti Bellunesi, una società neonata, a volte “fracassona”, ma che con Piazzi ha calato probabilmente il più grande investimento mai fatto su un singolo professionista nella storia del calcio in provincia. A partire da un inedito contratto triennale. Tre anni per arrivare nel professionismo; tre anni per diventare “un progetto che resti”; tre anni a partire da Petdji, Corbanese, De Paoli, Da Carli, Toniolo, Cossalter. Anzi, i Cossalter. Tre anni da dg, ma anche da ds. Tre anni di decisioni che spetteranno a lui e lui soltanto, per portare la Dolomiti tra i professionisti. Domanda secca: entro quando? «Plausibile che accada in tre anni, ma occhio alle variabili: se per tre anni dovesse iscriversi una squadra come il Trento di qualche anno fa potremmo farci poco. Anche se con Mezzocorona (promozione in C2, ndr) e Südtirol (promozione in C1, ndr) dimostrammo che non sempre il calcio lo decidono i soldi».


Come sono stati i primi passi?
«I primi colloqui potevano andare meglio. Dispiace che qualcuno (Agnello, dimissionario da responsabile del settore giovanile? ndr) non abbia recepito quello che vorremmo fare. Una cosa tengo a precisarla, io non mi sono mai mosso con un gruppo di lavoro; non ho entourage e i miei uomini vorrei trovarli sul territorio. Vale anche il contrario però: non è che se sei del territorio devi per forza far parte della società. E se alcuni profili qui mancano, li si cerca fuori. Io comunque non sono arrivato per imporre, bensì per proporre e condividere. Vorrei armonizzare pensieri e rapporti».


Alla fine però serve sintesi. Decide Luca Piazzi?
«Le tre anime della società ne sono consapevoli. Non ho chiesto carta bianca, non è il mio metodo, ma le decisioni spetteranno a me. La società me lo ha detto chiaramente: “non vogliamo decidere noi, perché genera equivoci. Cerchiamo una persona che porti un progetto, prenda le decisioni e si interfacci con noi”. Spero vorrete parlare anche con altri (sorride, ndr), ma la voce della Dolomiti sarò io».


Sarà anche la voce del direttore sportivo?
«Sì. Non sono un amministrativo, in carriera ho allenato, diretto, coordinato... Sono un tecnico e me ne occuperò io. Chiaramente con un’area scouting, un team manager...».
Oggi è Simone Bertagno.
«È una delle prime persone della società che ho conosciuto. Persona di buon senso, con una carriera sul campo che gli sarà utilissima; ha leadership e pensiero costruttivo. Il ruolo lo definiremo, ma per quanto mi riguarda sarà una figura centrale».


Per il settore giovanile sarà Ivan Da Riz?
«Se ci dà la disponibilità sì, è la persona su cui puntiamo. Al suo fianco, a proposito di ruoli vacanti, arriverà un esterno (da Parma, ndr) a occuparsi degli aspetti tecnici, per far crescere il settore giovanile e aprirlo all’esterno. E parlo proprio del modo in cui fare calcio. Io tutto quello che ho imparato l’ho imparato girando, viaggiando, chiedendo, osservando. Spero inizi a essere la mentalità anche della Dolomiti».


Ha parlato anche con i giocatori?
«Ne ho incontrati 7 ricavandone ottime impressioni. Ho massimo rispetto per tutti e cercheremo di tutelare le espressioni del territorio, poi però il calcio è anche tecnica, regole, giovani. La squadra cambierà. Non sarà stravolta, ma cambierà».


E i giovani come De Carli, De Paoli, Toniolo?
«Tre ragazzi, e non sono gli unici, che da fuoriquota possono fare un campionato d’alto livello».


A cui affiancare “vecchi” come Petdji e Corbanese?
«Petdji deve sentire che questa è la società giusta per crescere ancora e diventare un professionista; Corbanese deve saper guardare anche oltre, al percorso successivo, al diventare un uomo di questa società per quello che è, che è stato e in cui si riconosce. Ecco, mi piacerebbe rimassero condividendo questi punti di vista. Occhio però: in passato ho già fatto l’errore di considerare qualche giocatore imprescindibile, e non lo farò più».


Alex Cossalter ha chiuso la sua miglior stagione.
«E l’aspetto più importante è che è stata in ascesa, arrivando a essere determinante. Ha 22 anni, l’infortunio ha influito molto sulla sua evoluzione e può crescere ancora tanto. Lo metterei nella categoria di quei ragazzi che possono identificarsi nel progetto. Emana positività e con la palla ai piedi dà sempre l’idea di poter emozionare».


In Emilia, nella Primavera del Bologna, gioca suo fratello, Thomas.
«Aspettiamo di capire le intenzioni del Bologna, lo vorremmo con noi».


Direttore, un’ultima domanda: chi gliel’ha fatto fare?
«Non è stato semplice lasciare il Parma, ma sentivo l’esigenza di tornare a una prima squadra, a un progetto da sviluppare. Nella Dolomiti ho trovato la società adatta, con una buona cultura e una mentalità simile a quella della mia Val di Fiemme: rispetto e voglia di lavorare. Mancava, o meglio manca solo la categoria, ma quella è l’obiettivo, da raggiungere con un percorso. Ci sarà tanto da lavorare per riuscire a esprimere il potenziale del club; una fusione in un territorio così vasto chiede processi a medio termine. Voglio ripartire da un roster di giovani e da un settore giovanile che identifichi l’intero territorio per poi dare ai ragazzi l’opportunità del professionismo, la possibilità di diventare un calciatore. Chiaro, ci vogliono una serie di progetti strutturati, interni al club e con le altre realtà della provincia. Io voglio costruire un progetto duraturo, non un’impresa temporanea».


Il capitolo allenatore
E il prossimo mister? «Ho letto i nomi che sono stati scritti; fate il vostro lavoro, la stampa non dev’essere un organo del club, deve informare, commentare, criticare e concedere un po’ di gossip. Volendo fare il gioco “acqua/fuoco” però direi che siamo sul bagnato. Voglio un giochista che abbia ottenuto dei risultati. E non qualcuno con un passato recente in una delle tre società, rischierebbe di essere rappresentativo di una zona soltanto». Colella ha allenato il Belluno nel 2000; chissà se dopo 20 anni l’appartenenza vale ancora. «No, decade dopo 10 (sorride, ndr). Giovanni è un amico». In attesa del professionismo, la Dolomiti ha trovato il suo professionista. Buon lavoro direttore.

Ultimo aggiornamento: 07:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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