Animali selvatici investiti per strada, è una mattanza: sono uno al giorno

Lunedì 28 Febbraio 2022 di Federica Fant
Un animale selvatico investito lungo la strada
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BELLUNO È boom di investimenti stradali a danni della fauna selvatica.

Un aspetto di duplice disagio: sia per chi investe la vittima, sia per l’animale stesso. Stando al report dei rilievi del 2021 del corpo di polizia provinciale il totale degli eventi registrati è 387: una media di un incidente al giorno, secondo le segnalazioni alla Provincia. Un numero che, tuttavia, non definisce la totalità del fenomeno: si stima che gli eventi siano almeno il doppio, ovvero due animali investiti ogni giorno. Gli agenti provinciali, infatti, sono in servizio fino alle 14. Nelle ore successive, quelle in cui gli animali si spostano di più, le segnalazioni vanno alle altre forze: polizia, carabinieri, guardia di finanza, polizia locale dei singoli comuni. Con un primo intervento spesso dei vigili del fuoco, che vengono allertati con una media di un caso al giorno. 

I DATI
Rimanendo quindi ai dati usciti da Palazzo Piloni sono gli ungulati a farla da padrone: nel 2021 sono ben 266 quelli investiti e in media un terzo dei quali non sono morti sul colpo. Sono 129 i caprioli oggetto di questi incidenti: 35 sono sopravvissuti all’impatto, ovvero il 27% del totale. Poi 134 cervi, di cui 48 non sono morti, ovvero il 36%. Infine sono stati investiti 3 mufloni. Tra le altre specie coinvolte si trovano 62 volpi, 34 tassi, 13 lepri, ben due gatti selvatici. C’è anche un lupo investito: è il caso avvenuto nel Feltrino dove un pirata della strada non si è nemmeno fermato. L’animale era stato trovato senza vita la mattina dopo a bordo strada a Ponte Serra. 

LA SICUREZZA
Il consigliere provinciale Franco De Bon, che nel 2021 aveva la delega proprio alla fauna selvatica spiega: «Il nostro obiettivo, scritto anche nel programma Provincia di Belluno 2030, che si ispiri alla sostenibilità, è mettere in sicurezza le strade, non solo dalla caduta dei massi, ma anche dall’attraversamento degli animai selvatici». Quali quindi le soluzioni più idonee che Palazzo Piloni sta cercando di mettere in azione? «Sicuramente quella di creare attraversamenti faunistici, per cui avevamo fatto un incontro con Veneto Strade, in particolare con l’ingegnere Artusato – fa sapere Franco De Bon -. Abbiamo intenzione di investire 500mila euro all’anno in opere estremamente importanti, perché se opportunamente disposte limitano l’incidentalità e la procedura complessa che ne segue per il occorso all’eutanasia degli animali in fil di vita, per i veterinari e per la reperibilità degli stessi». Il consigliere parla dal punto di vista della «sensibilità umana rispetto alla sofferenza e alla perdita di specie come il gatto selvatico, il lupo ma cervi compresi ovviamente». 

ABBATTIMENTI
La Provincia, quindi, vorrebbe partire da queste opere, «anche perché abbiamo già preso un provvedimento in relazione alle vittime animali degli incidenti – ricorda Franco De Bon -. Se si tratta di specie cacciabili e si trova un ungulato ancora vivo ma in condizioni irrecuperabili, questi possono venire soppressi e detratti dal Piano di abbattimento. Noi garantiamo la gestione corretta delle popolazioni dal punto vista venatorio, risparmiamo l’animale, le spese per le cure e anche il ricorso al Cras di Treviso, perché sotto questo aspetto c’è da dire c’è un servizio, benché necessario, oneroso». Per quanto riguarda le specie non cacciabili, «abbiamo sottoscritto una convenzione con il Cras Treviso e noi le altre specie protette le portiamo là». 

IL CRAS
Sul Centro di recupero animali selvatici De Bon spiega: «Dobbiamo fare chiarezza filosofica tra fauna selvatica e fauna domestica. La prima non ha bisogno di ospedale perché si dimensiona secondo l’habitat in cui vive. Se fauna trova un ambiente favorevole si moltiplica. Vediamo gli ungulati, ma anche il ritorno dei grandi predatori non liberati dall’uomo, sono arrivati perché l’habitat era idoneo». Il consigliere apre il tema di conservare gli ambienti che salvaguardino l’intero ecosistema: nel Bellunese, per fare un esempio, si sta perdendo la zona tra il bosco e il prato: un’area in cui sopravvivono specie (la coturnice o il fagiano di monte) che altrimenti scomparirebbero. Ma l’imboschimento continuo rischia di fare danni. Un tema questo che si collega anche con i frequenti investimenti della fauna selvatica: il bosco avanza sempre più e con lui i selvatici.

Ultimo aggiornamento: 07:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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