Bankitalia, banchieri in rivolta sulla riforma. Le popolari sul piede di guerra

Giovedì 23 Gennaio 2014 di Rosario Dimito
Antonio Patuelli
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Banche in trincea contro le disposizioni di Bankitalia sul governo societario per adeguarsi all’Europa messe in consultazione fino a domani, termine che l’Abi ha fatto prorogare rispetto alla data originaria (14 gennaio). Oggi il dg dell’Associazione Giovanni Sabatini dovrebbe recarsi in via Nazionale per incontrare il dg Salvatore Rossi e consegnargli le 7-8 pagine di osservazioni approvate ieri dall’esecutivo presieduto da Antonio Patuelli tenutosi a Milano: è un documento «razionale, costruttivo e di alta qualificazione giuridica», l’ha definito il presidente. «C'è una risposta dell'Abi nel suo complesso - ha aggiunto il presidente del cdg di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, una risposta molto articolata e delicata». Nella discussione i toni sono stati pacati al contrario dei rilievi scaturiti dal lavoro dei gruppi interbancari insediati da palazzo Altieri e dalla memoria preparata da Assopopolari allegata alla risposta dell’Abi. «C'è una certa fibrillazione», ha tuonato l'ad della Bper, Luigi Odorici, a margine dell’esecutivo, «si sta portando il mondo delle Popolari in un contesto in cui c'è una maggiore attrattività del capitale e, questo, può rompere vecchi equilibri». «Non mi risulta che fibrillino e non ci sono i presupposti di intervenire con un defibrillatore», ha replicato Patuelli.



ISTITUTI APPIATTITI

Nel mirino la mancanza di eccessive differenziazioni nella governance delle singole banche, a prescindere dalle rispettive dimensioni. Le conseguenze di un eventuale default in conseguenza di carenze nei sistemi di governo della banca interessata si riflettono infatti su tutte le altre banche, indipendentemente dalla loro grandezza. Le banche sottolineano la necessità di fare chiarezza sul ruolo che si vuole riservare al presidente e alla differenza tra i suoi poteri e quelli dell’ad. Inoltre viene definita anomalo il fatto che, in conseguenza della nuova ripartizione di competenze tra consiglio di amministrazione e comitato esecutivo, il presidente di una banca non debba guidare l’esecutivo e venga a perdere ogni competenza su materie importanti quali, ad esempio, la gestione delle spese.



«Si vuole un presidente-campanello», sbotta il numero uno di una delle 15 banche che finiranno sotto la vigilanza della unica della Bce. Criticato il ruolo non esecutivo e la circostanza che non debba svolgere, neppure di fatto, funzioni gestionali, salva la facoltà di rivestire, in casi eccezionali, compiti di supplenza dei componenti esecutivi. Questa limitazione si applica anche al presidente del consiglio di gestione quando il consiglio di sorveglianza non riveste il ruolo di organo con funzione di supervisione strategica. Quindi si dovrebbe applicare al neo presidente del cdg della Bpm Mario Anolli, ma non a Gian Maria Gros-Pietro (Intesa). I banchieri ritengono che le disposizioni, in alcuni passaggi, siano in contrasto con il codice civile e la Riforma Vietti e «vogliano essere più realisti del re» (parole di uno dei principali banchieri italiani), cioè dell’Eba che ha contribuito ad ispirare la svolta. Anche in materia di composizione degli organi vengono indicati dei limiti massimi che, facendo bene i calcoli, non fanno quadrare i conti.



Ma il malcontento più diffuso è tra le banche cooperative. «Il problema delle popolari c'è e non capiamo un atteggiamento così rigido da parte del governatore e dei suoi collaboratori», ha incalzato Flavio Trinca, presidente di Veneto banca. Tutti e tre i paletti piantati dalla riforma non piacciono. In primis l’innalzamento delle deleghe ad almeno cinque a favore di ciascun socio in modo da allargare la platea sociale. Poi la legittimazione del voto a distanza che lo scorso anno Andrea Bonomi voleva introdurre nella Bpm ma fu bocciato dall’assemblea e i criteri di presentazione delle liste che tengano conto della percentuale di possesso dei soci di capitale. Tutte queste innovazioni vengono vissute come un attentato al voto capitario, che è il perno delle cooperative ma anche, in alcuni casi specifici, lo strumento per tutelare l’autoreferenzialità, cioè il rinnovo dei vertici.



Sulla riforma della governance infine va registrata la levata di scudi del Parlamento che ha rivendicato il diritto a un’informativa preliminare.
Ultimo aggiornamento: 16:32

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