Mostra del Cinema, il direttore Barbera: «Molti film "candidati" erano al di sotto delle aspettative»

Mercoledì 27 Luglio 2022 di Adriano De Grandis
Alberto Barbera a destra in Biblioteca dell'Asac

VENEZIA - Non è più tempo di interventi fluviali, come ci aveva abituato l'ex presidente Paolo Baratta: aveva il passo da maratoneta, al contrario di Roberto Cicutto, che invece preferisce tempi da centometrista: pochissime parole, spesso tecniche (i rinnovamenti strutturali, gli adeguamenti tecnologici in chiave green) e il discorso è già finito. Resta standard, invece, la presentazione del programma da parte del direttore della Mostra Alberto Barbera: elenco notarile di tutto quello che vedremo, abbondanza di straordinario nel presentare i film, una buona oretta cantilenante di titoli e nomi. Protocollo rispettato nella sala della veneziana Biblioteca dell'Asac: le presenze sono esigue, il resto del mondo sta in streaming, come ormai abbiamo fatto purtroppo esperienza.

Si parla di cinema italiano, qui ben rappresentato con 5 titoli in Concorso, e diversi altri sparsi altrove. Ma rispetto all'anno scorso per Barbera la situazione è meno positiva: «Contrariamente a questo ci si poteva aspettare, la pandemia non ha rallentato le produzioni. All'estero, come in Italia. Ma non sempre quantità e qualità vanno di pari passo. È un po' il problema dell'Italia di quest'anno, nella sua fase altalenante di risultati. L'anno scorso ero stato forse troppo ottimista, anche a fronte di un'annata davvero notevole, specie per il nostro cinema più affermato. Quest'anno mi sembra che siamo tornati a vedere luci e ombre, dove puntare sulla quantità non ha dato gli esiti sperati. Forse si è prodotto un po' troppo per le possibilità del mercato, perché i soldi non sembrano essere un problema, anzi: circola una quantità di denaro, che sembra di essere agli anni '60. A malincuore però devo anche dire che molte opere che ci sono arrivate erano al di sotto delle aspettative».
Un discorso chiaro e in parte severo, che amplifica quello che investe anche la fruizione di tali film: «Chi vedrà i film? Le previsioni sono impossibili. Viviamo una trasformazione epocale. Io non credo spariranno le sale, per disaffezione o disattenzione del pubblico. I motivi sono tanti, spesso dolorosi. Il confronto fra proiezione pubblica e privata con le piattaforme si assesterà, ma il sistema distributivo deve migliorare. In compenso ai festival il pubblico continua ad aumentare».

LA CRISI ATTUALE
Di sicuro non sono tempi placidi. Barbera fa una sintesi di quello che è arrivato in questi mesi di selezione: «C'è una prevalenza di toni drammatici, perfettamente in sintonia con la società in cui viviamo. Spesso il lockdown a cui siamo stati sottoposti ha acceso la voglia di raccontarsi nel privato: ecco una buona dose di film autobiografici, storie personali e storie familiari, chiusi in spazi ristretti, una tendenza che si è fatta notare».

Sì, non sono tempi placidi. Barbera e la Mostra ne sono perfettamente consapevoli: «Direi un po' banalmente che il cinema riflette il mondo ed è la sua finestra aperta. Quindi non possiamo non vedere ciò che ci accade attorno: dalla guerra in Ucraina causate dalle smanie imperialistiche di Putin agli arresti di ben 3 registi ultimamente in Iran, così come la condanna di una produttrice turca che aveva soltanto progettato un documentario sulle rivolte popolari in quel Paese, mentre si parla sempre poco della censura cinese nei confronti di quegli artisti che vogliono esprimere le proprie idee. Aggiungo che il film di Panahi è stato invitato non come gesto politico, perché l'invito era partito ben prima che il regista fosse recluso e che l'assenza di film russi è dovuta in gran parte ai pochi e modesti che sono arrivati, mentre l'unico che ci interessava era finanziato dal Ministero della Cultura e quindi in linea con tutte le iniziative intraprese altrove, abbiamo deciso di soprassedere».
 

Ultimo aggiornamento: 17:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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