Biciclette importate "a pezzi" dalla Cina: la Bottecchia a processo per i dazi aggirati

Mercoledì 6 Marzo 2024, 10:13 - Ultimo aggiornamento: 7 Marzo, 12:06


L'INCHIESTA


L'inchiesta, condotta del nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza e dall'Ufficio delle dogane, è stata coordinata dalla sede veneziana dell'Eppo (l'European public prosecutor's office), la procura europea che si occupa di reati che ledono gli interessi finanziari dell'UE, tra cui frodi, corruzione, riciclaggio di denaro e appropriazione indebita, che possono avere un impatto negativo sul denaro dei contribuenti europei.
Stando alla ricostruzione dell'accusa, la storica società, diventata famosa nel mondo per aver prodotto la "Graziella" e poi specializzatasi in bici da corsa e mountain bike, avrebbe escogitato, un modo per aggirare i dazi doganali "antidumping", quelli inseriti dall'Europa nel 2018 per cercare di arginare le importazioni sottocosto alla Cina. Nel mirino della procura europea sono finite le biciclette elettriche, il cui import è soggetto a dazi solo se si tratta dell'articolo completo; sono invece esenti i ricambi. Ebbene, secondo l'accusa tra il 2018 e il 2021, Bottecchia Cicli srl si sarebbe fatta spedire le biciclette "scomposte", in lotti differenti, per poi assemblarle una volta arrivate in Italia. Un sistema che, in quattro anni, avrebbe consentito alla società di Cavarzere di evadere dazi per oltre due milioni di euro. I reati contestati sono la violazione del Testo unico sul contrabbando, la norma fiscale in materia di mancato pagamento Iva e il falso ideologico per aver tratto in inganno gli uffici doganali.

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