RIETI - Per due giorni aveva rilasciato dichiarazioni forti, con fermezza e senza alcun dubbio. Ieri mattina, nell’ampio cerchio delle indagini sul giallo della morte di Silvia Cipriani, è stato convocato nella Questura di Rieti Don Valerio Shango, il presbitero diocesano della Curia vescovile della Diocesi di Rieti.
La testimonianza. Ma don Valerio Shango aveva anche detto - appellandosi alla comunità locale - che sicuramente «c’è qualcuno che sa, che ha visto e che ha sentito», arrivando a stigmatizzare un certo clima di omertà e reticenza: «La gente ha paura, invito parrocchiani e paesani a parlare e riferire anche su piccoli dettagli», concludendo, senza mezzi termini, con la sua verità: «Si tratta di un depistaggio, di una messinscena, Silvia non avrebbe mai in alcun modo potuto raggiungere quei luoghi, la sua stessa auto non ci sarebbe arrivata. È stata scaraventata e buttata in quel bosco per essere sbranata dai cinghiali. La verità e la soluzione a tutto è dentro questo territorio». Parole che hanno mosso e smosso l’interesse degli investigatori della Mobile reatina, impegnati in un’inchiesta che anziché restringersi sembra ampliarsi di giorno in giorno. In effetti, l’impressione trapelata è quella che don Valerio, attraverso le telecamere, si rivolgesse a qualcuno o, più in generale, indirizzasse il suo messaggio a un preciso contesto locale. Potrebbe il religioso originario dello Zaire avere accolto, sotto il segreto della confessione, una dichiarazione oppure una testimonianza ben orientata relativa alla tragica fine di Silvia Cipriani? Quanto riferito agli inquirenti è ora al vaglio di chi indaga per scavare ancora più a fondo.