Un progetto nato nel 1996 con un sostegno trasversale

Domenica 25 Luglio 2021
Ci ha messo impegno e competenze. Con una buona dose di pathos. Fin dall'inizio aveva vissuto come una sfida personale la candidatura che ora ha portato al conseguimento del sigillo Unesco, e una battaglia tutta sua è stata pure quella per salvare il Castello dei Carraresi, motore dell'operazione. Andrea Colasio, assessore alla Cultura di Padova, il Trecento padovano lo ha impresso nel Dna e quindi ora una soddisfazione enorme lo ripaga del non facile lavoro compiuto negli ultimi vent'anni.
Assessore, com'è nata l'Urbs Picta?
«Ha diverse matrici. C'è quella carrarese, ventennale, e una storia più recente legata a Giotto e ai cicli pittori del Trecento, rispetto ai quali da 3 lustri è maturata una rinnovata attenzione. Due percorsi che si sono incrociati nella candidatura, di cui il Castello è stato il grande detonatore. E non a caso adesso è inserito nel percorso come nona tappa, però centrale, dell'itinerario».
Emozione per il sigillo?
«Il riconoscimento mi ha gratificato dopo anni di fatica e di incomprensioni. Cito un esempio che risale al 2006: da parlamentare sentivo le polemiche sul Castello, il cui recupero veniva messo in contrapposizione al progetto dell'auditorium di Kada a piazzale Boschetti...».
Quali sono state le difficoltà maggiori?
«Siamo partiti con il piede giusto, indicando gli 8 siti attuali e nell'ultima versione per il Ministero della Cultura abbiamo aggiunto come appendice appunto il Castello. Il cambio in corso d'opera della denominazione è finalizzato a caratterizzarla in modo preciso. La mia prima ipotesi evocava il Trecento e la Signoria Carrarese, oltre naturalmente a Giotto, ed era stato l'allora assessore Flavio Rodeghiero a inventare la definizione di Urbs picta. Icomos e Unesco ci hanno poi riportato all'esigenza di utilizzarne una più universale e si è pervenuti all'attuale denominazione, cioè I cicli affrescati del XIV secolo di Padova».
Quali sono i siti meno conosciuti?
«L'Oratorio di San Giorgio al Santo e il Battistero del Duomo, due capolavori assoluti del XIV secolo. Quest'ultimo è opera di Giusto de' Menabuoi, pittore raffinato e colto, il secondo della corte carrarese dopo Guariento. Realizzò il Battistero per conto della moglie di Francesco il Vecchio, Fina Buzzacarini: emblematica la scena della dedicazione, dove Fina è sola, senza il marito. Così come in quella della nascita del Battista, è con le tre figlie, senza il marito: un mausoleo al femminile. Roberto Longhi sosteneva che nel Battistero Giusto realizzò l'Annunciazione più poetica del Trecento. L'Oratorio di San Giorgio, invece, si deve a Altichiero da Zevio, il più importante artista della seconda metà del Trecento. Qui l'illusionismo prospettico con cui realizza la sua città gotica ideale è raffinatissimo e porta con un piede nel Rinascimento. Le cronache del tempo raccontano che chi entrava nell'Oratorio era rapito dall'incredibile realismo delle scene dipinte, al punto di non voler più uscire. Se si considera che la sola Cappella degli Scrovegni nel 2019 ha toccato quota 338.000 visitatori, mentre Battistero e Oratorio assieme non raggiungono i 30.000, si capisce quanto siano poco noti».
Per quale motivo un viaggiatore dovrebbe venire a vedere l'Urbs picta?
«In nessun altro luogo al mondo, oltre a Padova, è possibile ammirare un così grande concentrato di capolavori assoluti del XIV secolo».
In cosa consiste l'unicità del ciclo Trecentesco?
«Qui è avvenuto un mutamento definitivo di paradigma. Il realismo giottesco si compone di un insieme di elementi unici e irripetibili, con cui il grande artista laicizza e umanizza la storia sacra: colore, azione, movimento, sentimenti, emozioni e prospettiva compongono la magia di quel luogo. Che si ripropone negli altri, dove il linguaggio giottesco è sviluppato in modo originale: si pensi alla raffinatezza stilistica di Guariento, o alla dimensione favolistica di Jacopo Avanzi».
Quali sono gli altri Maestri che si incontrano lungo il percorso?
«Il Trecento padovano, come sottolinea Unesco, nasce da un intreccio incredibile tra componenti artistiche, sociali, politiche e culturali. Jacques Le Goff, padre degli Annales, sosteneva che il Trecento padovano presentava moltissimi aspetti che siamo soliti chiamare Rinascimento. Quello spirito era dovuto a personalità come Petrarca, che collaborò a lungo con la Signoria, facendone una delle realtà più raffinate in Europa. Ruolo importante ebbero studiosi e teologi che lavorarono con gli artisti: da Antonio da Padova, a Lombardo della Seta. Accanto a loro altre grandi personalità: il giudice-notaio Giovanni da Nono, che ci descrive in un suo libro il capolavoro perduto, dipinto da Giotto in Salone; il giurista Raniero Arsendi, e ancora dotti condottieri e diplomatici come Bonifaco Lupi di Soragna, i fratelli Conti, la famiglia De Bovi».
Ora bisognerà far conoscere l'Urbs Picta.
«Stiamo preparando una gara per promuoverla. Si tratta di un impegno finanziario di circa 750.000 euro. Non si era mai investito tanto».
Ci sarà un sito-sorpresa per i viaggiatori?
«Abbiamo istituito il biglietto unico, per indurre il maggior numero di turisti che entrano in Cappella a visitare pure gli altri siti. Infatti, dei 338.000 visitatori dell'ultimo anno, solo il 5% si è recato al Battistero del Duomo o all'Oratorio di San Giorgio, mentre una quota più rilevante ha visitato anche Palazzo della Ragione. L'obiettivo è spostare, nell'arco di 5 anni, nel sito seriale almeno il 20% dei visitatori della Cappella».
Come salvaguarderete i luoghi?
«Essere Patrimonio Unesco è un onore, ma anche un onere, che comporta una logica di tutela rafforzata. Abbiamo predisposto il nuovo Regolamento per la Commissione speciale per la Cappella degli Scrovegni, voluto nel 1882 dall'allora sindaco Antonio Tolomei, protagonista del suo salvataggio. Oggi le competenze della Commissione, che è composta da un pool multidisciplinare di esperti, sono state estese anche a Palazzo della Ragione, e si potranno replicare anche agli altri siti dell'Urbs».
Nicoletta Cozza
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