Seguso, il vetro a goccia

Mercoledì 16 Ottobre 2019
Seguso, il vetro a goccia
L'ESPOSIZIONE
La scultura come arte, attuata con un mezzo che sembra la sua antitesi: il vetro. È questo il sentiero sperimentale, non privo di pericoli, per dirla con le parole di Gabriella Belli, direttrice della Fondazione dei Musei Civici, su cui si è inoltrato Livio Seguso. 89 anni, portati con grazia e sempre all'insegna della creatività. Commosso, preferisce far parlare le sue opere. Ieri si è inaugurata la sua grande antologica al Museo del Vetro di Murano. Paradossalmente, per lui muranese doc, la prima mai realizzata in quest'isola. «In principio era la goccia» afferma a ribadire la sua origine di stimato maestro vetraio sul solco della grande lezione di Alfredo Barbini. La svolta nel 1980. Come ricorda Enzo di Martino che ha edito nel 2015 una sua biografia. Era il 1980 e Guido Perocco, direttore del Museo di Ca' Pesaro lo invitò ad esporre insieme ad altri artisti. Fu la rivelazione che spalancava mondi nuovi. Pur conservando una caratteristica che è fondamentale nel vetro: la sua trasparenza, fatta di luce. Che riesce a accendere di riflessi anche le primissime opere ancora nel solco del realismo come La madre del 1968.
LA TRASPARENZA
Un breve passaggio e poi tutto si evolve all'insegna dell'embrione quale esempio di arte nascente. Poi tutto si anima: lo stelo che si esalta nel sostenere un fiore geometrico, assumendo la forma transitoria di una Fugace apparizione come nel titolo di una sua realizzazione degli anni '70. Cerchi che si sovrappongono a spirale o si intersecano l'uno sull'altro festosi come in un gioco. E tutto si contamina anche nei materiali. Al vetro si affianca il marmo o l'acciaio inox. O ancora il totem di granito che termina in un oblò di cristallo dove ci si può specchiare. Quasi una sentinella che vigila sulle acque. O anche il rapporto contraddittorio che si instaura tra la colonna di legno e gli elementi di cristallo.
SOLIDITÀ E LEGGEREZZA
Come nella foresta di luce del 2002: tronchi di legno chiaro di olmo e di frassino sormontati da sfere di cristallo con le loro rifrazioni. L'antico del legno che si si proietta nella luce del contemporaneo. Richiamo anche al paesaggio. Che viene ripreso in quello che forse è il suo capolavoro, a parere di Di Martino e non solo: la vegetazione filiforme disseminata nel canale della laguna che lambisce San Servolo. Era il 1995, l'anno del centenario della Biennale. In Seguso anche la tendenza all'astrazione come evidenziano i suoi eleganti e monocromi acrilici bianchi su tela, tra le sue realizzazioni più recenti. Del resto il disegno è componente intrinseca all'opera scultorea e opportunamente ne sono citati degli esempi. Con questa mostra di arte contemporanea il Museo del Vetro, diretto da Chiara Squarcina, ribadisce il suo proposito di integrare le sue raccolte di vetri antichi, con quelle del XX e XXI secolo. Peraltro occorrono nuovi spazi già in fase di progettazione. Si spera pronti per la fine del 2020. Fino al 12 aprile.
Lidia Panzeri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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